Vai al contenuto

Vaccino anti-Covid, Crisanti: “Io non lo farei a gennaio”, è polemica

Pubblicato: 24/11/2020 13:04

Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’azienda ospedaliera di Padova, ha scatenato il panico negli ultimi giorni con alcune affermazioni di tiepida diffidenza nei confronti del vaccino anti-Covid in arrivo per gennaio.

Crisanti ha infatti dichiarato di non avere intenzione di vaccinarsi a gennaio a meno che si verifichino determinate circostanze e la sua presa di posizione è stata attaccata sia dal Comitato tecnico-scientifico che da colleghi del medico, che hanno reputato dannoso fare determinate affermazioni in una fase storica tanto drammatica e delicata potrebbe porgere il fianco a scettici e negazionisti, promuovendo quindi un atteggiamento di diffidenza aprioristica nei confronti del vaccino.

Crisanti e le critiche della comunità scientifica

Normalmente ci vogliono dai 5 agli 8 anni per produrre un vaccino. Per questo, senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio”. Questa dichiarazione, fatta da Crisanti a Focus live, ha scatenato la bufera: l’ex direttore esecutivo dell’Ema, Guido Rasi, ha giudicato le sue parole “irresponsabili e intollerabili”, mentre altri, come il governatore Luca Zaia e l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, hanno dichiarato pubblicamente di non aver cambiato affatto idea sul vaccino e di essere pronti a farlo appena sarà disponibile.

Anche l’immunologa Antonella Viola ha dedicato all’argomento più di un post su Facebook, ribadendo di come non sia del tutto esatto dire che le case farmaceutiche non avrebbero intenzione di dare le informazioni necessarie: “Dire che ancora non sappiamo quanto i vaccini funzionino, perché non abbiamo dati, è corretto mentre dire che quando il vaccino arriverà non sarà sicuro è sbagliato e grave. Ed è per questo che quando avremo il vaccino approvato e in distribuzione non avrò alcun dubbio a vaccinarmi”.

Perché Crisanti non si vaccinerebbe

Per Crisanti ad essere pericolosa è stata la velocizzazione delle fasi di sviluppo e sperimentazione del vaccino: “Questi di cui si parla sono stati sviluppati saltando la normale sequenza Fase 1, Fase 2 e Fase 3. Questo è successo perché hanno avuto fondi statali e quindi si sono potuti permettere di fare insieme le tre fasi perché i rischi erano a carico di chi aveva dato i quattrini. Ma facendo le tre fasi in parallelo, uno si porta appresso tutti i problemi delle varie fasi“.

In una lunga lettera scritta per il Corriere, Crisanti è poi voluto scendere nel dettaglio e contestualizzare la sua posizione: “Ho formulato un concetto di buon senso che non esprimeva alcun giudizio negativo sulla bontà del vaccino né tantomeno metteva in discussione la validità della vaccinazione come il mezzo più efficace per prevenire la diffusione delle malattie trasmissibili”.

Le case farmaceutiche e i media

Ciò che Crisanti ritiene è che si sia voluto dare grande risalto mediatico alla questione da parte delle aziende farmaceutiche, senza che però la comunità scientifica sia stata messa al corrente dei dati della sperimentazione: “In questi giorni le aziende produttrici, invece di condividere i dati con la comunità scientifica, hanno privilegiato una comunicazione basata su proclami non sostanziati da evidenze”.

Ciò che potrebbe aver pesato, secondo lui, nella decisione di dare ottime notizie molto velocemente sarebbe la serietà della situazione in cui ci troviamo, laddove il vaccino sembra ormai essere unica possibilità di salvezza: “A questo punto tutte le speranze sono riposte nel vaccino come la pioggia per un popolo assetato nel deserto. Questo non giustifica la demonizzazione di chi possa avere dubbi, di chi chiede spiegazioni e di chi chiede trasparenza”.