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Giulio Regeni, chiuse le indagini sulla morte: a processo 4 agenti egiziani

Pubblicato: 10/12/2020 18:48

Giornata fondamentale per la vicenda della morte di Giulio Regeni, il 28enne friulano rapito e ucciso quasi 5 anni fa in Egitto. La Procura di Roma ha infatti chiuso le indagini che riguardano il suo caso, mettendo nero su bianco le accuse a 4 agenti del servizio segreto egiziano. Dagli atti, emergono anche chiare testimonianze sul fatto che Giulio Regeni abbia subito torture per giorni interi.

Chiuse le indagini su Giulio Regeni

Nonostante le resistenze egiziane di questi anni, la Procura di Roma ha tenuto fede alla sua parola ed ha consegnato gli esiti delle indagini sulla morte di Giulio Regeni. Il corpo del giovane ricercatore friulano è stato trovato il 3 febbraio 2016, in un fosso alla periferia del Cairo e da allora l’Italia ha insistito perchè fosse fatta verità sulla sua morte. Oggi si chiude un primo capitolo di questa ricerca della verità: il procuratore capo Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco, riporta Adnkronos, hanno consegnato l’atto di conclusione delle indagini.

Nel 2018 erano stati iscritti al registro degli indagati alcuni agenti del servizio segreto egiziano del National Security, che oggi si sono visti “virtualmente” consegnare l’atto del 415 bis. Virtualmente perchè, spiegano le fonti, non si è mai saputo il domicilio delle persone indagate e quindi si è potuto notificare la conclusione indagini solo tramite i loro avvocati. Restano però le accuse e i reati che, secondo la Procura e le indagini, avrebbero compiuto.

4 agenti accusati di sequestro pluriaggravato

Gli inquirenti italiani hanno intenzione di portare a processo quattro 007 egiziani: si tratta dei colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e il generale Sabir Tariq; per loro, il reato contestato è sequestro di persona pluriaggravato. Un quarto agente, il maggiore Magdi Abdelal Sharif, è invece accusato anche di concorso in lesioni personali e concorso in omicidio aggravato. Oltre a loro, ci sarebbe un quinto agente, Mahmoud Najem, ma la Procura non avrebbe raccolto sufficienti prove per accusarlo e portarlo a processo.

Giulio Regeni, c’è un testimone per le torture subite

Sebbene formalmente nei capi d’accusa contestati non figuri la tortura (reato introdotto nel 2017), tra le documentazioni riportate nell’atto di conclusione indagini figura anche un’importante testimonianza riguardo le condizioni di Giulio Regeni. Secondo quanto riporta Adnkronos, sono 5 le testimonianze raccolte, una di queste da parte di un membro della National Security che ha visto l’edificio e la stanza dove Giulio Regeni sarebbe stato torturato per 9 giorni. “La ‘stanza 13’ dove vengono portati gli stranieri sospettati di avere tramato contro la sicurezza nazionale. Il 28 o 29 gennaio e ho visto Regeni in quella stanza con ufficiali e agenti” le dichiarazioni riportate.

Quindi, il passaggio più duro: “C’erano catene di ferro con cui legavano le persone, lui era mezzo nudo e aveva sul torace segni di tortura e parlava in italiano. Delirava, era molto magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato“. La testimonianza poi continua: “Dietro schiena aveva dei segni, anche se sono passati quattro anni ricordo quella scena. L’ho riconosciuto alcuni giorni da foto sui giornali e ho capito che era lui“.

Il maggiore Sharif agì “con sevizie e crudeltà

Il procuratore capo e il sostituto, hanno inoltre chiarito che Regeni è stato seviziato “in più occasioni ed a distanza di più giorni, forti anche delle testimonianze raccolte. Il maggior accusato è proprio il maggiore Abdelal Sharif, che avrebbe “con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva […] cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte“.

Nove giorni di torture, cui è seguita la morte di Giulio Regeni. Questo l’impianto accusatorio che porteranno avanti i pm italiani: ora starà agli avvocati dei citati presentare memorie difensive che possano contestare l’esito delle indagini.