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Covid-19, a Napoli sospese le vaccinazioni Pfizer per gli over 80: mancano le dosi necessarie

Pubblicato: 25/02/2021 17:56

Il problema vaccini torna a farsi sentire e ad alimentare le polemiche. Dopo i fasti e il grande ottimismo di fine dicembre, quando col V-Day sembrava aver avuto inizio una fase nuova, ora che i vaccini ci sono il problema è averne abbastanza per garantire il pieno funzionamento della campagna vaccinale. I ritardi annunciati dalle case farmaceutiche stanno infatti rallentando il percorso, con alcune Asl costrette a sospendere il vaccino agli over 80. L’ISS, intanto, ha aggiornato i dati sulla variante inglese.

Poche dosi di vaccino: a Napoli stop agli over 80

Dalla videoconferenza dei leader UE si è levato un grido: “Dobbiamo accelerare con urgenza l’autorizzazione, la produzione e la distribuzione di vaccini, nonché la vaccinazione“. Un appello deciso che tocca il problema della disponibilità dei vaccini, tra polemiche e tentativi di acquistarli in autonomia a livello regionale. Alcune Regioni, tra cui la Lombardia, hanno appena iniziato a chiamare a raccolta le prenotazioni per gli over 80, mentre altre sono già costrette a fermarsi.

Come riporta Ansa, citando il direttore generale dell’Asl 1 Ciro Verdoliva, a Napoli si è costretti allo stop alle vaccinazioni agli over 80. “La mancanza di un numero adeguato di vaccini Pfizer rispetto a quanti hanno aderito alla campagna vaccinale – si legge – non ci permette di proseguire nella somministrazione“. Le dosi attuali non permettono infatti la seconda somministrazione a chi l’ha già ricevuto e quella a nuovi soggetti. Secondo quanto riportato, si ipotizza di “poter garantire la somministrazione agli over 80 nei giorni 3, 4 e 5 marzo per 1.000 convocazioni al giorno“.

L’ISS aggiorna le FAQ sulla variante inglese

La corsa al vaccino e la necessità che la macchina continui a funzionare è legata a doppio filo alla diffusione della variante inglese del Coronavirus. Sul tema, sono arrivati alcuni dati ufficiali espressi dall’ISS nelle FAQ sulle varianti, le domande più comuni sul tema presenti sul sito dell’Istituto.

Qui, si apprende che “In Italia, si è stimato che la cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti“. Un dato che oscilla però dal 18% al 60%: “Questi valori sono in linea con quelli riportati in altri paesi, anche se leggermente più bassi, che induce a considerare l’opportunità di più stringenti misure di controllo che possono andare dal contenimento di focolai nascenti alla mitigazione“, continua l’ISS.

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