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Variante inglese: cosa cambia rispetto al solito, i sintomi e i rischi che comporta

Pubblicato: 16/02/2021 10:19

La scoperta, l’identificazione e la lotta al Sars-Cov-2 hanno posto l’umanità davanti alla necessità di fronteggiare una realtà patogena del tutto nuova e di doverlo fare in fretta, perché il virus minacciava non una sola area del pianeta o un ristretto nucleo comunitario, ma l’interezza della razza umana.

Se i primi mesi di pandemia sono però serviti a conoscere questo virus e ad identificare metodi di difesa per affrontarlo, con il passare del tempo Sars-Cov-2 ha fatto ciò che tutti i virus (ed in particolare i coronavirus) fanno per sopravvivere: è mutato.

Oggi una delle mutazioni del virus, la cosiddetta variante inglese, sembra essere esplosa in diversi Paesi, portando nuove domande e nuovi ostacoli da superare.

Variante inglese: cosa cambia rispetto al virus di prima generazione

La variante inglese (nome ufficiale: VOC-2020212/01) è una delle più riuscite mutazioni del virus Sars-Cov-2. I virus mutano per diffondersi: un virus di cui si conoscono le caratteristiche con il tempo può essere combattuto e proprio per questo il coronavirus di nostra pertinenza ha cambiato le proprie, di caratteristiche. Nello specifico è mutata la proteina Spike, ovvero quella responsabile dell”aggancio” del virus alla cellula dell’organismo e del suo conseguente diffondersi nello stesso.

Mutando la proteina Spike, sono mutati anche i metodi di diffusione e, per un primo periodo, visto che la variante si presentava con sintomi talvolta insoliti e non associati al Covid-19, ha avuto modo di diffondersi indisturbata.

Variante inglese: i sintomi

Le analisi sulla cosiddetta “variante inglese” sono state fatte dall’Imperial College di Londra dal giugno 2020 al gennaio 2021. Al termine dello studio è emerso che la variante soccombeva al vaccino esattamente come il Sars-Cov-2 “tradizionale”, era ad alta potenzialità di contagio e si presentava con sintomi differenti.

Se all’inizio il Coronavirus si presentava per lo più con febbre alta, tosse costante e, soprattutto, perdita di gusto e olfatto, la variante inglese ha sintomi più comuni e che tendono ad essere sopravvalutati, perché molto comuni a tantissime altre patologie lievi. Tra questi ci sono brividi, perdita di appetito, mal di testa e dolori muscolari. Nel corso dei mesi sono aumentati i casi in cui la tosse è apparsa più frequentemente.

La generica diffusione di sintomi come quelli appena descritti ha portato per lungo tempo a due problemi differenti: se da una parte c’era il rischio che chiunque esigesse un tampone molecolare dopo aver provato qualche brivido (situazione diffusa soprattutto nei mesi invernali) dall’altra sono molte le persone che hanno sottovalutato sintomi così lievi, non autoisolandosi e dunque collaborando indirettamente alla diffusione del virus.

Come si capisce se si è affetti dalla variante inglese

Di fatto, il tampone molecolare è in grado di capire se il virus è presente nell’organismo, ma non se si tratta di variante inglese: per scoprirlo è necessario sequenziare il Dna. Sul sito dell’Istituto Superiore della Sanità è così spiegato: “I test vengono usati per la diagnosi, se non si basano sulla proteina spike, fanno correttamente la diagnosi; tuttavia per potere discriminare se una infezione è determinata da una variante è necessario un test specifico altamente specialistico che è detto sequenziamento, in cui si determina la composizione esatta del genoma del virus”.

Variante inglese: vaccini e farmaci funzionano?

Per ora la variante inglese sembra poter essere combattuta nello stesso modo in cui si fronteggia la variante “tradizionale”. Sempre l’ISS spiega: “Per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell’altro; tuttavia alcuni articoli preliminari indicano che alcuni anticorpi monoclonali attualmente in sviluppo potrebbero perdere efficacia. I produttori di vaccini stanno anche cercando di studiare richiami vaccinali per migliorare la protezione contro le future varianti”. Per quanto riguarda i vaccini, come già detto, si ritiene che possano essere efficaci sulla variante inglese come sul Sars-Cov-2 di prima generazione, mentre potrebbero avere minore efficacia nei casi delle altre varianti.