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Lo Schwa e il linguaggio inclusivo: che cos’è e come usarlo per parlare una lingua più inclusiva

Pubblicato: 26/04/2021 08:37

È una notizia di qualche settimana fa che il comune di Castelfranco Emilia (provincia di Modena) ha deciso di adottare in alcuni ambiti lo Schwa o Scevà (ə), la vocale intermedia dal suono indistinto, a metà tra la e e la a, da pronunciare con la lingua “a riposo” e divenuta da qualche tempo, in Italia, il simbolo dell’inclusività.

Che cos’è lo Schwa e quando lo usiamo

I napoletani la conoscono da sempre, almeno la sua pronuncia per loro non è un segreto, proprio la parola Napule (/ˈnɑː.pu.lə/), infatti, contiene foneticamente uno schwa; anche chi ha studiato la lingua inglese ha dovuto fare pratica e abituarsi alla pronuncia di quella “e rovesciata”: la a di about (/əˈbaʊt/) è uno Schwa, la e di paper (/ˈpeɪ·pər/) idem. Per quando riguarda la nostra lingua, invece, lo Schwa è una vocale totalmente estranea al nostro sistema fonologico. Comunque, l’idea di usare lo Schwa per includere i generi di tutti, uomini, donne e di chi non si rispecchia in nessuno dei due, sembra funzionare.

Lo Schwa per una lingua più inclusiva

Almeno sui social, infatti, non è raro imbattersi nello Schwa, e questo grazie anche alla sociolinguista Vera Gheno che, se non è stata la prima a parlarne, è stata sicuramente quella che l’ha diffuso e l’ha fatto conoscere al grande pubblico con questo tipo di utilità: tuttə con il valore inclusivo di ‘tutti’ e ‘tutte’, evitando così un uso sessista e non inclusivo della lingua italiana. E prima del comune di Castelfranco Emilia, c’è stata anche una casa editrice (effequ) che ha deciso di adoperarlo e di inserirlo all’interno di tutte le sue pubblicazioni.

Come fare per evitare un uso sessista della lingua italiana

Ma lo Schwa non è l’unica possibilità per indicare il neutro nella nostra lingua, ci sono diverse soluzioni, più o meno valide, che vale la pena conoscere. C’è chi omette l’ultima lettera: ciao a tutt; c’è chi sostituisce l’ultima lettera con le lettere u, x o y: caru tuttu, carx tuttx, cary tutty; c’è chi usa l’asterisco: ciao a tutt*, una delle alternative più adoperate, opzione però non riproducibile nel parlato; medesimo problema per la chiocciola (@), che non ha suono: ciao a tutt@; c’è chi usa la sbarretta (/): ciao a tutti/e; c’è chi usa le circonlocuzioni (o doppie forme): ciao a tutti e a tutte o carissime amiche e carissimi amici, ma non soddisfa chi non si riconosce nel binarismo di genere maschile e femminile.

E poi c’è anche chi contestualizza: se all’interno di un gruppo formato da tre persone ci sono due uomini e una donna, si utilizza il maschile sovraesteso, che già siamo abituati a usare, quello che alcuni definiscono maschile neutro: ciao, ragazzi!; mentre, se all’interno di un gruppo formato sempre da tre persone, sono presenti due donne e un uomo, si potrebbe utilizzare il femminile sovraesteso che, al contrario del maschile, non rispetterebbe le convenzioni grammaticali: ciao, ragazze!

La lingua al servizio di chi parla

Chi mi segue sui social lo sa, io non sono un purista, non sono un grammar nazi, non sono un reazionario, non sono un “puzzanasista”, ma mi piace sperimentare e le novità non mi intimoriscono, anzi. Nei miei scritti ho sempre cercato di usare un linguaggio inclusivo (all’interno del mio libro, Le basi proprio della grammatica, ho dedicato un capitolo ai femminili professionali e uno all’importanza di usare un linguaggio più inclusivo), proprio perché credo che la lingua debba non solo servire al parlante ma debba anche servire il parlante e debba descrivere fedelmente la realtà presente e non quella di venti o cinquant’anni fa (chi se ne frega del si è sempre fatto così).

È nella natura dell’essere umano respingere il nuovo e avere difficoltà nel cambiare, si sa, i bei tempi sono sempre andati e ognuno difende i propri, avendo spesso una percezione falsata del proprio passato e dei tempi che furono; in realtà, come sappiamo dai numeri, sotto tanti aspetti, questo, nonostante tutto, è il migliore dei mondi possibili. Ma questa è un’altra storia. Tornando alla nostra amata lingua, non so se lo Schwa attecchirà definitivamente e se in futuro sarà normale usarlo, so solo che per fortuna le società cambiano, le sensibilità pure, e che la lingua seguirà il corso naturale del mondo come ha sempre fatto, fregandosene di quello che penso io o di quello che pensa una minoranza qualsiasi. Chi vivrà, quindi, vedrà e ai posteri l’ardua sentenza.