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La retorica e il sessismo di Michela Murgia

Pubblicato: 30/04/2021 08:37

Dopo la caterva di errori (linguistici) compiuti da Michela Murgia durante la trasmissione condotta da Floris in cui lei era ospite e ha discettato (malamente) di divise e metafore belliche (sbagliando, per l’appunto, la sua analisi, in modo decisamente plateale), mi sono incuriosito e ho acquistato il suo ultimo libro, “Stai Zitta!”, per capire meglio di che cosa si tratta. Ecco, quindi, le mie considerazioni ispirate alla lettura delle prime pagine del libro (altre, se non mi annoio prima, seguiranno nella prossima puntata).

Si badi bene: eviterò con cura questioni socio culturali come il fatto che Murgia parli del ruolo delle Veline ballanti e mute, dimenticandosi del fatto che per diventare Velina si fanno selezioni e nessuno viene rapito e minacciato e mi limiterò al commento di alcune frasi che compaiono nel libro medesimo. 

La Murgia e Morelli

Il primo capitolo si apre con il racconto dello scontro avuto da Murgia con Raffaele Morelli. Al di là di ogni considerazione di merito sulle frasi dello psichiatra circa le radici antropologiche di alcune abitudini tuttora invalse nella società odierna (che meriterebbero ben altri approfondimenti), Murgia sostiene che Raffaelle Morelli sia sessista perché le dice di stare zitta perché non vuole essere interrotto.

In realtà, riguardando il video disponibile su YouTube, Michela Murgia interrompe spesso Morelli, punzecchiandolo e rendendogli difficoltoso il proseguimento del suo discorso. Al di là, ripeto di nuovo, del tono di voce di Morelli, del suo scadere nel dare del “tu” a una interlocutrice con la quale dovrebbe intrattenere una conversazione cordiale, è sessista arrabbiarsi perché si viene interrotti? O meglio, parlando di parole, la frase “stai zitta!” è una frase sessista o è un atto linguistico perlocutorio finalizzato a riportare in equilibrio una conversazione interrotta da chi non rispetta le regole di uno scambio dialettico?

Personalmente, pur arrabbiandomi poche volte, mi è successo di litigare con uomini e, nel sentirmi interrompere, ho proferito uno stentoreo “stai zitto! Lasciami parlare, cavolo, chiudi quella c***o di bocca e stai zitto!”. Sono dunque sessista? E, se sì, sono sessista verso altri uomini? E se urlo alla mia amata sorella “stai zitta, Claudia, stai zitta!” perché parla troppo, sono sessista o sono un interlocutore che perde la pazienza? Perdere le staffe come ha fatto Morelli è un sacco di cose: è incapacità di dialogare senza arrabbiarsi, è scadere nel mezzuccio di dare del “tu” al proprio interlocutore, è mancanza di lucidità nel gestire il proprio stato emotivo. Ma non è sessista o, come minimo, non è dato saperlo con certezza. Magari Morelli è davvero sessista (non ne ho idea e in tutta franchezza ai fini di questo discorso mi interessa pochissimo), ma la frase citata dal libro, dal contesto in cui è stata estrapolata, non lo è.

Donne sessiste verso altre donne

L’argomentazione a sostegno di questa tesi, scrive Murgia, è che – cito – “invano cerchereste una donna che abbia pubblicamente tentato di imporre il silenzio a un uomo”. Il che vuol dire che la donna non è sessista? Assolutamente no: donne che denigrano altre donne ce ne sono a bizzeffe (una showgirl che dà della “poco di buono”, leggasi “puttana”, a una collega è tanto sessista quanto potrebbe esserlo un uomo nel fare un analogo commento), donne che per definirsi forti usano aggettivi mutuati dalla dotazione genitale maschile ce ne sono pure a bizzeffe (“cazzuta”, “con le palle”), così come ci sono donne che disprezzano serenamente gli uomini e non si trattengono dal dirlo.

Voglio dire: basta guardare per dieci minuti uno dei qualsiasi programmi spazzatura che ammorbano il palinsesto, da Grande Fratello a Isola dei Famosi, per assistere a spettacoli di indecoroso sessismo che non guardano in faccia nessuno: uomini con uomini, donne con donne e via discorrendo. Se adottassimo un criterio scientifico per analizzare la bontà delle gravi affermazioni di Murgia, dovremmo come minimo valutare anche altre variabili, che spaziano dalla quantità di casi presi in esame, dal tenore ormonale e chimico dei soggetti presi in esame, dalla gerarchia che prescinde dal sessismo e così via.

Lilli Gruber zittisce tutti

In ogni caso, spinto da giornalistica curiosità, ho colto la sfida lanciata da Murgia e iniziato a cercare donne che pubblicamente tentino di imporre il silenzio a un uomo. Ce ne sono moltissime, basta cercare su Google o su YouTube. C’è un siparietto divertentissimo in cui Lilli Gruber, ad esempio, zittisce Salvini con un eloquente gesto della mano, dopo averlo interrotto e incalzato più volte, e dice “andiamo avanti” interrompendo il discorso del leader della Lega.

Sempre la Gruber, arrabbiata (e con ottime ragioni, mi permetto) con Pierangelo Buttafuoco e Roberto D’Agostino, dice “adesso vi spengo il microfono, siete due maschi maleducati”. Ops. Sessista? Oppure arrabbiata di fronte alla maleducazione altrui? E sottolineare quel “maschi”, è sessista? Avrebbe potuto semplicemente dire “siete due maleducati”. Perché, si chiederebbe il buon Grice (padre delle implicature) sottolineare il fatto che i due ospiti (cafoni) siano “maschi”?.

Giorgia Meloni che, quando si altera, interrompe praticamente chiunque, compresi Renzi e Vespa in un divertente siparietto (divertente si fa per dire) cos’è? Womanterrupting? Sessismo? Arroganza? Maleducazione? Insomma, ci siamo capiti: la cafoneria e l’inciviltà di chi interrompe o zittisce il proprio interlocutore durante una conversazione sono due vizi capitali comuni a moltissime persone. Da qui a farlo diventare per forza di cose sessismo un po’ ce ne passa, a meno che qualsiasi pretesto sia buono per portare acqua al proprio mulino e per avere qualcosa da scrivere nel proprio libricino (nel senso che è molto breve).

Stai zitta! A volte ci sta

A volte, la frase “stai zitta!” è sessista, e sottende moltissime brutte implicazioni. A volte, è solo lo sfogo nei confronti di un o di una rompipalle che non ti lascia parlare. Come si dovrebbe gestire? Ve lo immaginate qualcuno che, interrotto tre volte di fila, se ne esce con “mi scusi, mio diletto interlocutore, voglio porre alla sua attenzione i suoi reiterati tentativi di interrompere il di me eloquio e, ciò facendo, voglio garbatamente invitarla a una moderazione della prosodia del suo incedere, al fine di misurare con la dovuta attenzione la quantità di pause necessarie che dovrebbero intercorrere…”. Ma no, dai: stai zitto! O Stai zitta! Va benissimo. A volte, ci sta. 

Parlando di generalizzazioni, da una scrittrice intellettuale come Murgia mi sarei aspettato un po’ meno di demagogia da due soldi e un po’ più di rispetto per tutti quegli uomini che, come me, amano le regole del buon dialogare e, soprattutto, non si sentono chiamati in causa da queste accuse lanciate senza criterio alla popolazione maschile in genere. Far di tutta l’erba un fascio è indice di poca intelligenza (nel senso letterale del termine, ovvero saper leggere tra le righe) e di pochissima volontà di costruire un dialogo sano (che è uno degli intenti dichiarati del libro). 

Padrone di casa e veline, non va mai bene

Un altro passaggio, a tal proposito, che val la pena commentare da un punto di vista squisitamente linguistico, è quello in cui l’autrice parla della conduzione femminili di programmi televisivi, ruolo che “relega a padrona di casa, dove le tue domande costruiranno uno spazio di autorevolezza, ma per le risposte di qualcun altro”. Dove sta il sessismo nel condurre un programma televisivo? Soprattutto, mi pare, si tratta di una visione limitata e distorta a proprio uso e consumo di un fenomeno che coinvolge i membri (ho usato “Membro”, è sessista?) di entrambi i sessi: questo editoriale si apre con il racconto di Murgia ospite da Floris. Lui, stando a questo gioco, relegato a padrone di casa e lei autorevole personaggio dalle cui risposte il lavoro di Floris dipende.

Che si fa in tali casi? Condurre un programma è sessista se lo fa la donna e normale se lo fa l’uomo? Velina, no. Conduttrice, no. Ci dica, Michela Murgia, quale ruolo vorrebbe per le donne per evitarci ulteriori strali.

Più che femminismo, qui c’è vittimismo

Poi, sempre parlando di offensive generalizzazioni, ecco un passaggio che merita attenzione: “sbalordisce constatare quanto sia potente il trauma del maschio italiano legato alla figura della maestra, irrisolto al punto che ogni donna che puntualizza una questione con un minimo di argomenti validi lo riporta a quello stadio dello sviluppo…[…] Qualunque donna che ragiona con disinvoltura riesce di far tornare l’uomo bambino, scatenando una reazione aggressiva e infantile”.

Michela Murgia dovrebbe chiedere scusa, sia a molti uomini sia a molte donne che non si sentono rappresentate da un quadro così esasperato da risultare offensivo e persino ridicolo. Più che femminismo, qui c’è vittimismo, e pure patetico: “ogni donna che puntualizza con un minimo di argomenti, ogni donna che ragiona fa regredire l’uomo”. Ma con chi crede di parlare, Murgia? Ogni donna? Ogni uomo? Ci sono uomini, cara Murgia, come il sottoscritto, che amano ragionare con donne intelligenti e che ne apprezzano le qualità intellettuali e che, iddio, non sanno nemmeno come si chiamino le veline (so che esiste questa figura mitologica ma di certo non saprei identificarne una se la incrociassi per la strada). E ci sono donne che apportano argomenti validissimi a una discussione senza che nessuno senta il dovere di farle tacere o regredisca a uno stadio di frustrazione infantile.

Sessismo ridicolizzato ed estremizzato

Ecco, mi piacerebbe che il dibattito sul tema, che mi è così caro e al quale prendo parte ogni volta che posso, fosse un po’ meno banale e un po’ più elevato. Basterebbe utilizzare frasi meno markettare e più ricche di senso, come: “in alcuni contesti e quando si parla di alcuni uomini, succede questo”. Sarebbe una frase condivisibile e sottoscrivibile in toto. Conosco personalmente e di fama uomini che cercano di acquistare donne avvenenti al prezzo di una cena lussuosa, una borsa o un orologio. E conosco personalmente e di fama donne che quel prezzo lo incassano volentieri. Ciò non significa che sia così per tutti. A qualcuno, il cervello delle donne piace. A qualcuno, ragionare con altri esseri umani dotati di vivace intelletto, piace. Che si tratti di uomini o di donne.

Mi piacerebbe, come dicevo, che un tema così importante non fosse estremizzato e persino ridicolizzato da chi, in modo tanto superficiale e bilioso, vuole ridurre il mondo a uomini che non ascoltano e che si sentono minacciati quando una donna usa la propria ragione e a donne che quando parlano vengono zittite, perché non è vero. Non è, semplicemente, vero.  

Fine della prima parte