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Emilio Fede a Napoli per i funerali della moglie, blitz della polizia per lui in hotel: “Non ho parole”

Pubblicato: 26/06/2021 13:53

Emilio Fede ai funerali della moglie a Napoli, e in albergo arriva la polizia: è la notizia emersa poche ore dopo le esequie di Diana De Feo, consorte dell’ex direttore del Tg4 scomparsa il 23 giugno scorso all’età di 84 anni. A raccontare l’accaduto è stato lo stesso giornalista, che sarebbe stato sottoposto a un controllo all’alba di ieri. “Non ho parole“, avrebbe commentato dopo l’accaduto durante uno sfogo con la stampa.

Emilio Fede controllato dalla polizia in albergo dopo i funerali della moglie Diana De Feo

Emilio Fede, vedovo da pochi giorni, si è recato a Napoli per partecipare ai funerali della moglie, Diana De Feo, morta il 23 giugno scorso, celebrato nella Chiesa di San Gennaro al Vomero. Il giorno successivo al rito funebre, riporta Il Roma, avrebbe ricevuto un controllo da parte della polizia nella sua stanza d’albergo.

Fede, agli arresti domiciliari per scontare 4 anni e 7 mesi nell’ambito del processo Ruby bis, sarebbe stato raggiunto da due agenti che si sarebbero recati in hotel, all’alba, per verificare le autorizzazioni sullo spostamento da Milano al capoluogo partenopeo.

Emilio Fede dopo il blitz in hotel: “Terribilmente scioccato

Sono terribilmente scioccato -ha dichiarato al Corriere della Serache la magistratura mi faccia svegliare alle quattro del mattino da due poliziotti, con mia moglie non ancora ufficialmente sepolta“. Emilio Fede ne ha parlato a Il Roma, confermando l’accaduto: “Sì, tutto vero. Non ho parole. Ma in che paese siamo? Ero arrivato in auto da Milano, dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni del caso per la mia posizione detentiva, per salutare e dare l’addio all’unico grande amore della mia vita, la mia Diana (…). Era già capitato a dicembre – ha concluso – la stessa cosa e sempre intorno alle quattro del mattino. Stessa scena, stessa storia. Ho cercato di spiegare che ero stato autorizzato regolarmente per gravi motivi di famiglia, ma solo dopo un meticoloso controllo dei documenti miei ma anche della mia collaboratrice, hanno lasciato la camera. Ancora una volta hanno voluto trattarmi come un boss“.