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Gli ultimi Romanov: curiosità della “famiglia maledetta” e la tragica fine della dinastia in una sola notte

Pubblicato: 17/07/2021 12:13

I Romanov appartengono a una delle due più importanti dinastie della Russia, durata 300 anni ed estintasi in una sola notte, quella tra il 16 e il 17 luglio 1917. Il nome dei Romanov evoca, nella mente di chiunque conosca parzialmente la storia della famiglia, idee come mistero, sangue, morte, misticismo e leggenda.

Nell’immaginario collettivo al nome degli ultimi Romanov è associata una maledizione che ha segnato le sorti dell’intera famiglia e del Paese, soprattutto dopo il 1917.

Romanov: la nascita di una dinastia ricca e potente

Con l’estinzione degli Rijurikidi, prima dinastia imperiale stanziata in Russia, sale al potere il capostipite della famiglia Romanov, lo zar Roman Jur’evic Zachar’in-Kosin. Era il 7 febbraio 1613 e da quel momento sarebbe rimasta al potere fino alla caduta dell’ultimo degli zar, Nicola II, ucciso insieme alla sua famiglia nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1917.

Il termine Zar fu usato per la prima volta da Ivan IV il terribile, l’etimologia della parola è dal latino Caesar- Cesare e Kaiser-Imperatore. Da allora la dinastia ha visto succedersi personaggi che hanno contribuito a rendere grande la Russia imperiale, alcuni esempi: 

  • Pietro il Grande: che grazie alla sua guida di sovrano illuminato diede slancio all’impero e fondò la città di Pietrogrado; 
  • Caterina la Grande: che portò avanti le riforme più importanti per la burocrazia e nel Parlamento e
  • Alessandro I: colui che fermò l’avanzata napoleonica in Russia. E poi ancora, ricordiamo
  • Nicola I: protagonista della Guerra di Crimea e Alessandro II, suo figlio.

Le morti violente nei Romanov

Non solo la morte dell’ultimo zar e della sua famiglia, nel corso dei 300 anni di storia dei Romanov le morti violente e il mistero sono state cosa abbastanza consuete; prima di arrivare a vedere i momenti chiave della caduta dello zar, vediamo alcuni esempi:

  • Pietro I, destituito da una congiura di palazzo ordita dalla moglie, la futura Caterina La Grande
  • Paolo I, anche se la sua morte fu certificata per cause naturali, si sospettò una morte per avvelenamento.
  • Alessandro I, lo zar della disfatta napoleonica in Russia, la cui morte è avvolta dal mistero. Non essendo lui sepolto nella sua tomba nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, in molti hanno supposto che lui l’abbia finta per ritirarsi a vita privata; ricordiamo ancora
  • Nicola I, morto durante l’assedio di Sebastopoli, durante la guerra di Crimea.
  • Alessandro II morto in un attentato
  • Alessandro III, padre dell’ultimo zar, morto per una nefrite che gli ha provocato atroci sofferenze.

Nicola II: l’ultimo zar nato sotto una cattiva stella

Arriviamo ora all’ultimo degli zar: Nicola II. Nicola divenne zar alla prematura morte del padre nel 1894, è stato più volte descritto come un uomo buono, colto e riservato, insicuro e facilmente influenzabile. Da bambino fu testimone dell’attentato che uccise il nonno, lo zar Alessandro II, il 13 marzo 1881, e da allora crebbe con la convinzione che un disastro si sarebbe abbattuto su di lui. Quando il padre morì pare che la sua reazione sia stata di profonda disperazione esplosa in una crisi di pianto: “Non so nulla dell’arte di governare, ho paura! Ho tanta paura! Non sono pronto, non sono uno zar!

Nicola II sposò la principessa Alice D’Assia, anche lei nipote della regina Vittoria d’Inghilterra, che prese il nome di Aleksandra Fëdorovna, fu un matrimonio d’amore (i due s’incontrarono ad un ricevimento nuziale quando la principessa aveva 12 anni e lui 16). La sposa abbandonò la fede protestante per quella ortodossa, ma nonostante ciò non fu accolta calorosamente dal popolo, in quanto vista sempre come principessa tedesca e mai russa.

  • Aleksandra arrivò in Russia quando il Paese era ancora in lutto per la morte di Alessandro III, qui si colloca uno di quelli che sono stati definiti presagi nefasti del futuro di entrambi: il suo arrivo fu infatti accompagnato dalla frase: “Una sposa arrivata al seguito di una bara” segno che la celebrazione delle nozze dopo un funerale non avrebbe portato a nulla di positivo per il futuro.
  • Nicola II fu incoronato il 26 maggio 1896, e proprio in questa occasione si verifica il secondo episodio definito di malaugurio per la famiglia. Al momento del suo ingresso nella cattedrale il collare dell’ordine di Sant’Andrea (la più importante e antica reliquia russa) si sganciò finendo a terra. Un segno di sfortuna, Nicola II la raccolse velocemente indossandola di nuovo ma, poche ore dopo, una tragedia sconvolse la nazione.
  • In occasione dei festeggiamenti per il nuovo zar, il governo autorizzò la distribuzione al popolo di pane e birra gratis, causando a Mosca quella che rinominata la tragedia del campo di Chodynka. A causa della cattiva organizzazione infatti le strutture di contenimento della folla crollarono per via della forte pressione dei corpi, in quell’occasione morirono calpestate circa 1400 persone.

I Romanov e l’incontro con Rasputin

Le “sfortune” di Nicola II continuarono per tutto il resto del suo regno, un altro esempio è il fatto che per anni lui e la moglie cercassero il figlio maschio, l’erede al trono, e questo tardasse ad arrivare. Nonostante il grande amore che li legava, infatti, dall’unione tra Nicola II e Aleksandra sembrava non essere destinata alla benedizione di un figlio. Dopo 4 figlie femmine, Tatiana, Maria, Olga e Anastasia; lo zar le amava follemente e passava con loro molto del suo tempo, ma cercava comunque il maschio e tra preghiere, rituali e voti, nel 1908 nacque lo zarievich Alessio. Il suo arrivo fu accolto con entusiasmo, lo zar scrisse di suo pugno: “È senza ombra di dubbio un grande giorno, in cui la misericordia di Dio ci ha visitato. All’una in punto Alessandra ha dato alla luce un maschio. 5 agosto 1904″. Purtroppo però, anche stavolta qualcosa di oscuro adombrò la loro felicità, il bambino era affetto da una grave malattia: l’emofilia.

La malattia di Alessio, per decisione della famiglia, rimase nascosta a tutti. Una scelta voluta per mantenere l’idea di forza che la famiglia doveva dimostrare ma che, alla lunga, portò Nicola e Aleksandra a prendere decisioni che li allontanarono sempre più dal popolo e dalla corte.

 Il terrore poi di perdere uno degli amati figli e le terribili crisi che colpivano Alessio terrorizzavano enormemente lo zar e la zarina e, vedendo che nemmeno le cure del medico di corte riuscivano a farlo stare meglio, si dissero disposti a tutto per farlo guarire, anche al più improbabile atto di fede e questo aveva un nome: Rasputin.

Grgorij Efimević Rasputin arrivò alla corte imperiale grazie ad una persona molto vicina alla zarina, Anna Vyrubova. Il suo arrivo segnò enormemente le sorti degli ultimi Romanov, perché riuscì a sfruttare le debolezze della coppia imperiale e soprattutto della zarina per diventare consigliere strettissimo sbaragliando tutta la spietata concorrenza tipica della corte russa. In breve tempo Rasputin divenne l’uomo più potente di Russia, una parabola incredibile per un uomo, venuto dal nulla della steppa siberiana, accusato di possedere i peggiori vizi.

Come fu possibile? In parte, come già detto, la fede cieca della coppia reale. La zarina, che riteneva che Dio non ascoltasse più le sue preghiere, accettò di buon grado l’arrivo di Rasputin poiché lo vedeva come il tramite che avrebbe fatto giungere al Signore le sue preghiere.

Chi era Rasputin: il demone santo

Rasputin si presentò come un uomo santo dai presunti poteri guaritori. Alto, imponente e dai glaciali occhi chiari, era un contadino originario di Prokovskoe, un piccolo villaggio della Siberia in una zona molto vicina ai monti Urali. Semi-analfabeta visse la sua vita all’insegna del peccato e della depravazione, complice l’adesione ad una setta che giustificava il peccato come via per raggiungere Dio. Da piccolo sopravvisse ad un terribile incidente, lui e suo fratello caddero in un lago ghiacciato e lui riuscì a guarire dopo due settimane di febbre e deliri; da allora intorno a lui si sviluppò un alone di misticismo.

Rasputin

Dopo anni di vagabondaggio nel mondo della spiritualità ortodossa, ad esempio in Grecia e a Gerusalemme, Rasputin approdò alla corte imperiale cogliendo al balzo l’occasione che gli si presentava davanti: la debolezza di carattere degli zar e la malattia del piccolo Alessio. Alle cronache è finito il suo miracoloso intervento proprio durante una delle peggiori crisi di Alessio, il bambino sembrava prossimo alla morte quando lui fece irruzione nella stanza e, cacciando tutti per rimanere solo con lui, lo riportò alla vita (o così credettero).

Grazie all’intervento di Rasputin, il principe Alessio cominciò a stare meglio, e da allora il monaco godette di fiducia incondizionata, divenendo molto intimo con la famiglia, fatto considerato straordinario dato che i reali russi erano inavvicinabili. Alcuni studiosi hanno spiegato che il miglioramento del piccolo sarebbe da attribuire al fatto che Rasputin fece interrompere la somministrazione di aspirina, che non permetteva la coagulazione del sangue, essendo lui affetto da emofilia.

La depravazione di Rasputin

Nonostante le sue umili origini e le sue scarse condizioni igieniche, Rasputin divenne l’uomo più seguito di tutta la corte imperiale. Venerato dalle donne e temuto dagli uomini, il “demone santo” viveva all’insegna del peccato e della depravazione; sembra che più della metà delle donne di corte furono sedotte da lui e molte di queste descrissero i rapporti sessuali come mistici. Presto in tutta la Russia cominciarono a circolare vignette anti-zariste che immortalavano la zarina in atti sessuali con il monaco, gli stessi disegni sono stati ritrovati anche nella villa del massacro.

Insinuatosi sempre più nella coppia reale, con l’avvento della Prima Guerra Mondiale le cose peggiorarono ulteriormente. Nicola II aveva deciso di prendere personalmente in mano le redini del conflitto, comandando gli eserciti; ma ancora una volta la sua impreparazione, la sua debolezza di carattere e l’attaccamento al regime autarchico comparvero dando il colpo definitivo. La mala gestione dell’esercito da parte di Nicola lo portò a farselo nemico; se tra i nobili e i generali la figura di Rasputin era un problema da risolvere e il vero nemico da combattere per riprendere il “controllo” dello zar, dall’altro invece i soldati semplici furono travolti da un’ondata di odio nei confronti dell’imperatore.

romanov, lo zarievic alexiei con Nicola II e Rasputin
A sinistra Nicola II e Alessio, a destra Rasputin e Alessio

Rasputin, che pur se di semplici origini aveva l’occhio lungo su tensioni e malcontenti aveva cercato in tutti i modi di mettere in guardia lo zar, anche dal punto di vista delle tensioni politiche, cercando di convincerlo ad accontentare la richiesta della creazione di un Parlamento. Nicola non solo non lo ascoltò, ma finì con l’allontanarlo dalla corte e poco dopo Rasputin morì.

L’omicidio di Rasputin

Rasputin fu ucciso da un gruppo di congiurati capitanati dal principe Felix Felixovič Jusupov che comprendeva il cugino dello zar il Gran Duca Dimitrij Pavlovič Romanov, Vladimir Mitrofanovič Puriškevič, e il luogotenente Sukotin e il dottor Lazavert.

Il 17 dicembre 1916 Rasputin fu invitato al palazzo di Jusupov con il pretesto di un incontro con la moglie del principe, la principessa Irina. Una volta arrivato gli furono serviti vino di Madeira e dolci, entrambi contenenti una dose di cianuro tale, pare, da uccidere 6 uomini. Le testimonianze di quella notte riportano di come Rasputin non abbia battuto ciglio nonostante avesse ingurgitato tutto quello che gli era stato servito, e lamentò solo un bruciore di stomaco.

Rasputin si intrattenne con Felix fino alle 2 del mattino, quando propose di andare a fare un giro in città, disperato, il principe chiese aiuto agli altri congiurati che irruppero nella stanza. Felix gli sparò alla schiena, successivamente gli uomini si scagliarono su di lui picchiandolo, ma nonostante ciò, il monaco si alzò e fece per andarsene. I congiurati inseguirono Rasputin in strada e li lo freddarono crivellandolo di colpi. Infine gettarono il suo corpo nel fiume Neva dimenticandosi di zavorrarlo, due giorni dopo questi riemerse.

La morte di Rasputin acquistò sfumature leggendarie quasi quanto il monaco stesso, complice il fatto che nel suo corpo non furono trovate tracce di veleno, mentre le testimonianze dei congiurati affermavano il contrario. Scienziati e studiosi moderni hanno ipotizzato che una spiegazione plausibile potrebbe essere una forma di gastrite acuta della quale Rasputin era affetto che avrebbe assorbito il veleno impedendone la sua diffusione nel corpo, altre ipotesi invece vedono il monaco ingerire piccole dosi di veleno nel corso del tempo per far sì che il suo corpo si abituasse ed evitare così la morte per avvelenamento.

Sulla causa del decesso invece si è dibattuto a lungo, complice il fatto che alcune fonti riportano la presenza di acqua nei polmoni, per molti l’uomo era ancora vivo quando il suo corpo fu gettato nel fiume, ma il medico legale dell’epoca dichiarava invece il decesso avvenuto per colpi d’arma da fuoco.

la morte di Rasputin

La morte di Rasputin, la fame del popolo e la guerra, tutto questo portò allo sconvolgimento delle folle, inoltre la reazione dello zar tornato dal fronte firmò la sua condanna a morte. Nicola II esiliò i congiurati portando così i suoi ultimi sostenitori ad abbandonarlo al suo tragico destino.

La maledizione di Rasputin

Nei diari di Rasputin sono state trovate numerose riflessioni e frasi che avevano il tono di una maledizione, pare che abbia scritto che ogni volta che abbracciava o sfiorava uno dei membri della famiglia, sentiva come un brivido di morte percorrergli la schiena. La predizione più sconvolgente però è quella legata alla sua fine e a quella dei Romanov: “Sento che devo morire prima dell’anno nuovo. Voglio fare presente però al popolo russo, al Babbo, alla Madre della Russia ed ai Ragazzi, che se io sarò ucciso da comuni assassini, e specialmente dai miei fratelli contadini russi, tu, Zar di Russia, non avere paura, resta sul tuo trono e governa e non avere paura per i tuoi Figli perché regneranno per altri cento e più anni”.

E poi: “Ma se io verrò ucciso dai nobili, le loro mani resteranno macchiate del mio sangue e per venticinque anni non potranno togliersi dalla pelle questo sangue. Essi dovranno lasciare la Russia. I fratelli uccideranno i fratelli, ed essi si uccideranno l’un l’altro. E per venticinque anni non ci saranno nobili nel Paese. Zar della terra di Russia, se tu odi il suono delle campane che ti dice che Grigorij è stato ucciso, devi sapere questo. Se sono stati i tuoi parenti che hanno provocato la mia morte, allora nessuno della tua famiglia, cioè nessuno dei tuoi figli o dei tuoi parenti rimarrà vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal popolo russo… Pregate, pregate, siate forti, pensate alla vostra benedetta famiglia”.

La fine dei Romanov

La profezia ebbe un effetto devastante sulla zarina, pare infatti che una volta morto il monaco il suo atteggiamento fosse quello di una persona che aspettava il suo terribile fato. Lo zar invece sembrò rimanere impassibile, giustificando tutto ciò che accadeva come volontà divina. Con lo scoppio della rivoluzione russa Nicola II fu costretto ad abdicare in favore del fratello Michele, il quale rifiutò la carica, per un primo periodo gli ultimi Romanov vissero confinati nei loro palazzi in stato di prigionia, costretti ai lavori più umili (pare che lo zar facesse il giardiniere).

Il 12 giugno 1917 un gruppo di bolscevichi uccise il fratello dello zar, Michele, i sovietici inizialmente denunciarono la scomparsa dell’uomo, dopodiché fu diffusa la notizia della morte di Nicola, forse per mettere alla prova l’opinione pubblica. I Romanov erano intanto stati trasferiti a Ekaterinburg, una città sperduta nella Siberia, lì vissero un periodo fatto di terrore e soprusi, pare che i reali furono spesso vessati dalle guardie e che le granduchesse vivessero col terrore di subire violenza.

Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1917, un gruppo di 11 persone composte dalla famiglia, alcuni servitori e il medico di corte fu condotto nel seminterrato del palazzo, ad attenderli c’era un plotone d’esecuzione che dopo la lettura dei capi d’accusa fece fuoco, l’esecuzione durò circa 20 minuti.

Lo scantinato degli orrori

I dettagli dell’esecuzione furono riportati dallo stesso comandante nel suo diario e dalle testimonianze dei soldati facenti parte del plotone d’esecuzione; alcuni di questi sono raccapriccianti. Pare che la zarina e la figlia Olga tentarono di farsi il segno della croce ma furono colpite a morte prima di completarlo, c’era sangue ovunque e in un primo momento si levavano lamenti di dolore.

Lo zariević Alessio ancora vivo dopo la scarica di proiettili gemeva, e, stando alle testimonianze dei soldati, Jurovskij in persona si avvicinò all’erede e gli sparò a bruciapelo. “Il sangue scorreva a rivoli. Quando io arrivai l’erede era ancora vivo e rantolava. Jurovskij gli si accostò e gli sparò due o tre colpi a bruciapelo. L’erede tacque. “Quel quadro mi provocò un conato di nausea“, questa la testimonianza di Medvedev, assistente di Jurovskij.

Lo smembramento dei corpi

Quando deposero sulla barella una delle figlie, essa lanciò un urlo e si coprì il volto con una mano. Constatammo che erano vive anche le altre. Ormai non si poteva più sparare, perché le porte erano aperte […] Ermakov prese il mio fucile con la baionetta innestata e a colpi di baionetta finì tutti coloro che erano ancora vivi“, questa è la testimonianza di Sterkotin, uno dei soldati facente parte del plotone.

Prima del trasferimento ad Ekaterinburg, la zarina Alessandra e le figlie cucirono parte dei gioielli della corona all’interno dei loro corsetti, per un totale di decine di migliaia di dollari. Quando scoprirono l’inganno i soldati continuarono a colpirle finché non ebbero la certezza che fossero morte. Jurovskij preso dalla fretta, ordinò ai suoi uomini di sbarazzarsi dei corpi che furono inizialmente abbandonati in una cava. Nessuno era a conoscenza di quanto accaduto e presto si sarebbe sparsa la voce di una fuga improvvisa della famiglia imperiale, questo era per lo meno il piano del comitato, ma qualcosa andò storto, ed è qui che nacque la leggenda di Anastasia, l’unica sopravvissuta.

Pare infatti che gli uomini del plotone andarono a bere in massa nella taverna di un villaggio vicino e che, ubriachi, si vantassero di aver ucciso lo zar e la sua famiglia. La notte seguente Jurovski diede ordine di fare a pezzi i corpi, buttare l’acido e bruciarli, ma riuscirono a farlo solo con due di essi, gli altri furono sepolti per la fretta poco distante, inoltre i corpi bruciarono ma non divennero cenere.

Il caso di Anna Anderson: era davvero Anastasia?

Nel 1920 esplose, come un fulmine a ciel sereno, il caso di Anna Anderson. Una donna che affermava di essere la granduchessa Anastasia. Il caso finì sotto i riflettori e per un breve lasso di tempo si credette che fosse tutto vero, fino a quando furono effettuati tutti i test del DNA.

La donna che dichiarava di essere Anastasia fu ricoverata presso un ospedale psichiatrico di Berlino, stando a quanto lei stessa raccontò, all’epoca dei fatti aveva solo 16 anni e grazie ad un soldato riuscì a fuggire. L’uomo l’avrebbe dapprima portata in Romania dove per anni ha abusato sessualmente di lei (dagli abusi sarebbe nato anche un bambino). Riuscita a fuggire, la donna si sarebbe recata a Berlino dove presa da un momento di disperazione avrebbe tentato il suicidio.

Anna Anderson
A sinistra Anastasia e a destea Anna Anderson

Furono eseguiti test sulla calligrafia, la morfologia e la fisionomia, la prova ritenuta schiacciante fu quella delle orecchie, identiche a quelle della granduchessa. Durante il processo emerse però che la donna altri non era che Franziska Schanzkowska, un’operaia originaria della Romania scampata all’esplosione della fabbrica in cui lavorava. Anna Anderson visse in America dove finì i suoi giorni in manicomio, morì di polmonite nel 1984.

Il ritrovamento dei resti dei Romanov

Nel 1991 furono riesumati i primi 9 corpi, nel 1997 furono trovati i due che erano stati sepolti per primi, quello di Aleksej e di Marija, nello stesso anno furono eseguiti i test del DNA che non lasciarono più dubbi: quelli erano i resti degli ultimi Romanov e dei pochi servitori che rimasero con loro fino alla fine.

I Romanov, una famiglia che tutt’ora vive nella memoria collettiva grazie alla televisione, al cinema e ai libri. Una storia ricca di suspence, intrighi e misteri. Come scrisse lo stesso Rasputin, la morte aleggiava intorno a loro fin dal principio, una famiglia che con la sua tragica fine rappresenta il punto conclusivo di una dinastia durata 300 anni. La loro memoria vive, grazie anche alla loro canonizzazione avvenuta nel 2000 come “martiri portatori di passione”, santi morti nella fede per mano dei loro assassini. Tuttora i Romanov perseguitano la coscienza della Russia, i loro resti riposano nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo.

A sinistra Nicola II e a destra Giorgio V d’Inghilterra

Forse non sapevi che…

  • Lo zar Nicola II e Re Giorgio V d’Inghilterra erano chiamati cugini-gemelli, il motivo? Una somiglianza incredibile. I due erano i figli di sorelle discendenti di Cristiano IX di Danimarca. La madre di Giorgio V, Alessandra di Danimarca, aveva sposato Edoardo VII (il principino “Bertie” primogenito della Regina), Dagmar di Danimarca sposò Alessandro III, prendendo il nome di Marija Fedorovna. La zarina Alessandra era invece discendente diretta della Regina Vittoria, in quanto nipote; sua madre era infatti la principessa Alice.  Allo scoppiare della Rivoluzione, Giorgio V inizialemnte volle salvare il cugino e la sua famiglia, ma qualcosa lo spinse a fermarsi. A posteriori sono state individuate due ipotesi: la prima era il timore dello scoppio di una crisi simile nel Regno Unito, la seconda invece, un intervento di Lloyd George, Primo Ministro. I due cugini erano molto legati tra loro.
  • Nicola II fu ospite di Vittorio Emanuele III al Castello di Racconigi. Era il 1909, in quell’occasione fu firmato l’accordo di Racconigi un patto segreto che manteneva lo status quo nei Balcani, firmato all’insaputa della Triplice Alleanza e dell’Austria. Lo scopo del patto era limitare l’espansione austriaca nei Balcani. Ancora oggi, visitando il castello, è possibile camminare attraverso gli appartamenti adibiti ad uso privato dello zar.
  • La divisa indossata dal principe Harry nel giorno delle nozze con Meghan Markle ha più di 100 anni ed è quella dei Blues and Royals. Si tratta di un reggimento di guardia d’onore a cavallo dell’esercito britannico appartenete alla Guard Division che con i Life Guards formano la Household Cavalry. Nel 1894 Nicola II fu nominato primo colonnello, proprio in occasione delle sue nozze. In una foto di famiglia con la Regina Vittoria, scattata a Balmoral, lo zar è immortalato proprio con quella divisa.