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Le nuove politiche socio-economiche della Cina viste in chiave ESG. Intervista a Mario Amabile

Pubblicato: 30/09/2021 12:13

La Cina è al centro dell’attenzione del mondo finanziario, tra il caso Evergrande e il ban delle crypto. La stretta regolamentare applicata dal governo cinese in molti settori dell’economia ha spaventato gli investitori. I colossi tech sembrerebbero essere particolarmente penalizzati. Qual è il rapporto tra le nuove politiche socio-economiche cinesi e la sostenibilità? Quali sono le prospettive ESG? Ce lo spiega Mario Amabile, Investment Specialist di Pictet Asset Management.

Perché i cambiamenti in Cina possono essere il punto di partenza di una strategia che mira alla sostenibilità?

La Cina sta ricalibrando le sue priorità cercando di migliorare il tenore di vita delle persone. Come effetto di ciò, non si punta più alla crescita nel breve periodo, bensì a una crescita a lungo termine più sostenibile. L’obiettivo è ridurre le disuguaglianze e migliorare la previdenza sociale tramite un’ampia revisione delle normative vigenti. Favorendo i consumatori attraverso la riduzione dei costi dell’istruzione, degli immobili (lotta alla speculazione sui prezzi del real estate e freno alle plusvalenze sul ciclo delle costruzioni) e della sanità (rafforzamento della previdenza sociale). Un importante investimento per il futuro. Tali misure mirano a rafforzare la fiducia dei consumatori, in modo tale che riducano i risparmi (al momento pari al 40% delle entrate), spendano di più e facciano più figli grazie anche al sostegno di normative più favorevoli. Come la politica dei 3 figli entrata in vigore il 31 maggio 2021.

cina esg nuove politiche socio-economiche

Quali sono le prospettive ESG?

Le nuove norme risultano particolarmente interessanti in ottica ESG, poiché implicano requisiti più stringenti rispetto alle 3 dimensioni (ambientale, sociale e di governance). E introducono principi etici che promuovono una crescita più responsabile delle aziende cinesi. Gli investitori dovrebbero accoglierle dunque con favore. Per quanto riguarda il pilastro della governance, il governo cinese sta ponendo l’enfasi sull’etica, sulla trasparenza delle informazioni. Su una reportistica per gli azionisti che comprenda più parametri e più informazioni sulla vigilanza del CdA. Tutte misure intese a tutelare maggiormente gli azionisti. A livello di dimensione sociale, invece, il Partito sta modificando il quadro normativo per limitare condotte anticoncorrenziali. Prevenire la concorrenza sleale e ridurre le disuguaglianze al fine di favorire un benessere generale. Ad esempio, il settore pubblicitario dovrà utilizzare annunci più pertinenti e pop-up meno invasivi. Controllando o sospendendo la rivendita dei dati a piattaforme pubblicitarie terze.

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Come possiamo interpretare questi cambiamenti? Il settore tech sarà uno dei più penalizzati?

La Cina ambisce ad avere il primato a livello globale in molti campi. Perché ciò avvenga, le occorre il sostegno della popolazione. Ecco perché il governo si sta occupando seriamente dell’ambiente e sta modificando gli obiettivi anche dal punto di vista sociale e della governance. Il Partito, però, sa bene anche che per arrivare – e restare – in vetta occorre dominare in ambito tecnologico. Quindi non affosserà mai le sue migliori società. In tal senso, internet si conferma uno dei settori più importanti per la Cina. Il Paese vuole evitare una concentrazione eccessiva sulle big tech e intende promuovere la concorrenza e limitare il potere delle singole aziende, per non creare una situazione analoga a quella delle mega cap statunitensi. Ritengo che gli investitori internazionali siano eccessivamente pessimisti sul settore tecnologico cinese. I più grandi player digitali – come Tencent, Baidu e Alibaba – paiono infatti in grado di reggere l’urto di questa nuova regolamentazione. Hanno le dimensioni per assorbire i costi legati alle nuove normative e continuare a generare una crescita dei profitti.