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Mimmo Lucano, le accuse a Ministero e Prefettura: “Se ho fatto l’associazione anche loro sono partecipi”

Pubblicato: 01/10/2021 17:55

Da ieri la notizia della condanna a Mimmo Lucano continua a far discutere. Per i giudici è colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio. L’ex sindaco di Riace ha parlato in queste ore della sentenza, discostandosi da tutte le accuse e sfogando il suo risentimento.

Mimmo Lucano condannato: lo sfogo dell’ex sindaco di Riace

All’indomani dalla sua condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere, Mimmo Lucano parla delle accuse mosse a suo carico dal Tribunale di Locri. Le sue parole sono state riportate da Ansa.

“Quando parlano di associazione a delinquere dovevano mettere insieme a me anche il ministero degli Interni e la Prefettura di Reggio Calabria tuona furioso. “Mi chiamavano ‘San Lucano’ in Prefettura perché gli risolvevo i problemi degli sbarchiaggiunge riferendosi al suo operato . Lucano ricorda che a Riace erano state attivate numerose iniziative a favore dei migranti: dai centri d’accoglienza, alle cooperative, passando per le associazioni. “Alla fine lo Stato mi ripaga dicendo che ho fatto l’associazione” commenta oggi con sdegno.

“Se ho fatto l’associazione anche loro sono partecipi– continua – perché mi chiedevano numeri altissimi per un piccolo borgo, ai quali dicevo sì per la mia missione”. Lucano attacca quindi lo Stato e la scelta di condannarlo a oltre 13 anni.

Mimmo Lucano, forte delusione per le accuse ricevute: “Non posso accettare per il dolore dei miei figli”

“Sono dispiaciuto” ammette dolorosamente Mimmo Lucano, senza però rimpiangere nulla di quanto ha fatto. “Non ho nessuna cosa nella vita se non l’orgoglio di avere, per anni, inseguito un’ideale e di aver fatto delle cose che mi davano una fortissima gratificazionespiega sicuro. “Essere di aiuto a tantissime persone arrivate a Riace in fuga dalle guerre, dalla povertà. Questo dava valore a quello che stavo facendo” ammette riferendosi al suo lavoro.

“Nel mio immaginario era come dare un aiuto al mondo” commenta tristemente. L’ex sindaco di Riace ammette di aver creduto che le condanne a suo carico potessero cessare. “Mi aspettavo l’assoluzione– dichiara- il giudice mi aveva revocato le misure cautelari dandomi la possibilità di venire a votare per le Comunali”. “Poi non conta la Cassazione ed il Riesame che ha smontato l’accusa, come lo stesso gip che pure emise l’ordinanza nei miei confronti. Questa storia è piena di contraddizioni aggiunge.

Lucano parla di relazioni della Prefettura in forte contrasto fra di loro. “Si è tentato, quasi scientificamente, di delegittimare, anche a livello mediatico, il cosiddetto ‘modello Riace'” ricorda dispiaciuto. “Un piccolo paese che ribaltava il paradigma sull’accoglienza dove tutto è negativo e che è la causa di tutti i mali” commenta riportando i commenti ricevuto. “Questo piccolo luogo quasi abbandonato faceva il contrario” ribadisce.

A provocare il dolore di Mimmo non sono tanto le conseguenze che la condanna avrà su di sé quando il pensiero rivolto ai suoi cari. “Non posso accettare– spiega- per il dolore dei miei figli. Tutta la vita l’ho spesa in un certo modo”.

Mimmo Lucano commenta la condanna più grave: “Mi sembra tutto strano”

In merito alla possibilità che esista un complotto alle sue spalle, Lucano si esprime con incertezza. “Non lo so ma mi sembra tutto strano commenta. “Sono stato condannato per peculato, ma più di una volta la stessa Procura ha detto ‘no questo sindaco non aveva motivazioni economiche sul piano personale'” ricorda.

“Qua sta l’essenza del modello Riace” continua ricordando i loro progetti. “Con i soldi che in altri luoghi usano solo la parte di accoglienza, noi facevamo anche integrazione. Non potevo accettare, come sindaco, di un piccolo luogo che l’accoglienza fosse unilaterale che riguardasse solo i rifugiati. Ho pensato che doveva riguardare anche gli abitanti del luogoammette.

Proprio i soldi ricevuti, spiega ancora Lucano, sono stati utilizzati per cercare di dare nuova vita al suo paese. “Abbiamo realizzato il frantoio, la fattoria sociale, le case per il turismo dell’accoglienza chiarisce.

“Ho cercato, in assenza dello Stato, di rispondere alle necessità dei giovani, per farli rimanere in questa terra e dare loro un’opportunità di lavoro” osserva. “Ora tutto questo è diventato criminale” la sua amara conclusione.