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Tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione: gli 8 arrestati definivano le donne “spazzatura”

Pubblicato: 12/10/2021 10:02

Sono terminate con 8 arresti le indagini della Squadra Mobile di Catania che ha scoperto l’esistenza di un’organizzazione che “reclutava” giovani donne dalla Bulgaria per poi tenerle in condizioni di schiavitù. Le vittime erano obbligate a prostituirsi in strada. I loro aguzzini le chiamavano “Bokuk”, “spazzatura” e le tenevano in abitazioni fatiscenti, sottoponendole a violenze fisiche e psicologiche.

Donne ridotte in schiavitù e obbligate a prostituirsi: la vicenda

La Squadra Mobile di Catania coordinata dal pool di magistrati della Dda catanese ha da poco concluso l’operazione denominata “Bokuk”, dal termine bulgaro traducibile come “spazzatura“. Così infatti gli indagati si rivolgevano alle donne fatte arrivare dalla Bulgaria, tramite un pagamento di poco più di 6000 euro, e poi obbligate a prostituirsi in strada. In totale, riferisce Ansa, sono state arrestate 8 persone e notificato un obbligo di soggiorno. Vi sarebbe anche un decimo indagato, al momento non reperibile. Quattro di loro sono bulgari e sono stati condotti in carcere. Gli altri quattro sono invece italiani e si trovano attualmente agli arresti domiciliari. I reati ipotizzati sono molteplici: tratta di persone, riduzione in schiavitù, associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. La transnazionalità aggraverebbe la loro posizione legale.

Tratta e schiavitù: le condizioni delle donne obbligate a prostituirsi a Catania

Le indagini dell’operazione “Bokuk” sarebbero state avviate nel giugno del 2020, in seguito a una denuncia da parte di due donne bulgare nei confronti di un’altra donna straniera, che pretendeva da parte loro il pagamento del “joint”, lo spazio occupato in strada vicino alla stazione di Catania. I poliziotti della sezione Criminalità straniera e Prostituzione di Catania hanno scoperto che le vittime vivevano in condizioni disumane, alloggiando in abitazioni fatiscenti nel quartiere San Cocimo. Gli aguzzini sottraevano alle donne i loro documenti di identità e fornivano loro quantità minime di cibo. Anche le condizioni igieniche individuate dagli inquirenti sono risultate pessime.

Le vittime, spiega Ansa, avrebbero garantito guadagni per circa 1.400 euro a settimana ciascuna. Gli indagati le costringevano a percosse e soprusi e le costringevano a prostituirsi ogni giorno, dalle 19 alle 4.30. La loro attività sarebbe proseguita anche durante il periodo di pandemia. La polizia ha sottratto anche denaro, telefonini e materiale informatico.

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