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I ghiacci sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici del previsto: cosa potrebbe accadere molto presto

Pubblicato: 27/12/2021 19:59

Uno studio dimostra come la Calotta Glaciale Antartica Occidentale fosse in passato più estesa di quanto ci si aspettasse. La ricerca ha evidenziato la vulnerabilità dei ghiacci rispetto ai cambiamenti climatici passati e potrebbe aiutare a prevedere scenari futuri.

Più di 15 milioni di anni fa, la parte occidentale della grande massa di ghiaccio è stata particolarmente vulnerabile ai cambiamenti delle temperature. Il suo scioglimento ha contribuito all’innalzamento del livello del mare più di quanto ci si aspettasse prima di questo studio. 

La ricerca è stata condotta dall’Imperial College di Londra, con la partecipazione di ricercatori dell’Università di Siena nell’ambito dell’International Ocean Discovery Program (IODP) ed è stata pubblicata il 15 dicembre sulla rivista scientifica Nature.

L’analisi dei comportamenti dei ghiacciai nel passato aiuterebbe a comprendere meglio ciò che potrebbe accadere in futuro a causa dell’innalzamento delle temperature.

Quanto ghiaccio c’era in Antartide più di 15 milioni di anni fa?

Lo studio si concentra sui cambiamenti avvenuti nel periodo del Miocene Inferiore e Medio, quindi circa 18-16 milioni di anni fa. Quest’epoca geologica ha presentato sia periodi caldi che freddi. Durante i periodi più caldi, il livello del mare è aumentato di circa 40-60 metri. Prima delle recenti ricerche dell’Imperial College, le cause precise delle oscillazioni erano incerte.

I dati raccolti dall’Imperial College rivelano l’esistenza e la notevole espansione della Calotta Occidentale nei periodi più freddi già in epoca del Miocene Inferiore. Mentre, nei periodi più caldi, il suo scioglimento avrebbe contribuito all’aumento del livello del mare. Questo evidenzierebbe la vulnerabilità dei ghiacci della calotta antartica ai cambiamenti climatici.

Ghiacci della calotta antartica: le ricerche

I ricercatori dell’IODP hanno trivellato un’area nel Mare di Ross in Antartide per recuperare sedimenti risalenti ai periodi più freddi e più caldi.

I sedimenti sono stati analizzati con metodi che hanno permesso di risalire alla loro provenienza. Le loro diverse composizioni permettono di distinguere le espansioni dei ghiacci della Calotta Antartica Orientale e Occidentale. 

Al largo del Mare di Ross, i ricercatori hanno ritrovato alcuni sedimenti che si farebbero ricondurre alla Calotta Antartica Occidentale. Essi confermano che la parte occidentale della calotta fosse ampiamente estesa già circa 17.72 milioni di anni fa, quindi all’epoca del Miocene Inferiore.

Precedenti analisi suggerivano, invece, che la formazione della Calotta Occidentale fosse avvenuta nell’epoca del Miocene Tardo (tra gli 11.6 milioni e i 5.3 milioni di anni fa) o addirittura all’inizio del Pliocene (tra i 5.3 e i 2.5 milioni di anni fa).

Tuttavia, escludendo l’estensione della Calotta Occidentale, si dovrebbe supporre che a provocare l’oscillazione del livello marino sia stata la perdita dell’intera Calotta Glaciale Orientale. Al contrario, altri dati suggeriscono la conservazione di gran parte del ghiaccio terrestre nella Calotta Antartica Orientale anche quando le temperature erano più alte.

Cambiamento climatico in Antartide nel passato e oggi

I ricercatori concludono che nei periodi più freddi del Miocene Inferiore e Medio, la Calotta Antartica Occidentale aveva un’espansione più ampia rispetto a quanto ritenuto fino ad oggi, per poi ritirarsi nuovamente nei periodi caldi, contribuendo quindi anch’essa all’innalzamento del livello marino. Queste osservazioni sulla vulnerabilità e la rapida perdita di ghiaccio della Calotta Antartica Occidentale permettono di fare previsioni più precise sul cambiamento climatico di oggi.

La coautrice dello studio, la Prof.ssa Tina van de Flierdt dell’Imperial College, afferma che “la buona notizia è che le grandi calotte sono relativamente lente nel rispondere ai cambiamenti ambientali, così da poter ancora evitare grandi perdite di ghiaccio in molte aree”. La cattiva notizia è, invece, che “le aree più basse della calotta glaciale presentano un ‘punto critico’, senza che si sia ancora capito completamente dove risieda il punto di non ritorno”.

Lo studio rivela, inoltre, come un elevato tasso di erosione della Calotta Antartica Occidentale, quindi una maggiore quantità di terra che scompare sotto il livello del mare, abbia caratterizzato l’intervallo di tempo tra i 17.72 e i 17.40 milioni di anni fa. Questo aumentò definitivamente la sua sensibilità ai cambiamenti climatici e alle condizioni oceaniche. 

Van de Flierdt sottolinea, come riportato sul sito dell’Imperial College, la necessità di mantenere il riscaldamento climatico entro i 2°C, idealmente sotto 1.5°C, obiettivo che richiede la riduzione del 50% delle emissioni entro il 2030.

Ultimo Aggiornamento: 27/12/2021 20:00