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Autista Uber fa amicizia con un passeggero 88enne, lascia il lavoro e diventa la sua badante

Pubblicato: 16/01/2022 17:00

Una vera amicizia unita ad una grande bontà d’animo, ha convinto Jenni Tekletsion, 52 anni, a compiere un‘importante scelta. Ha iniziato come autista, ma ben presto si è resa conto che Paul, il suo passeggero di 88 anni, aveva bisogno di aiuto. Dopo un anno Jenni si è decisa a lasciare il suo lavoro a tempo pieno e diventare la badante di Paul. Con qualche difficoltà, i due hanno dovuto superare alcune resistenze, ma ora la loro amicizia continua.

Jenni e Paul: la conoscenza attraverso Uber   

È il 2020, Jenni Tekletsion, 52 anni, concilia il suo lavoro per un istituto finanziario con lo studio per il dottorato in Amministrazione Aziendale. Decide inoltre di lavorare per Uber nel tempo libero, per guadagnare dei soldi da inviare a un orfanotrofio in Etiopia, suo Paese d’origine. Il lavoro da autista le cambierà la vita ma ancora non lo sa. Come riporta il Washington Post, è marzo quando Paul Webb, 88enne di Columbus, in Ohio, chiama un Uber. Da quando ha avuto un ictus nel 2017 non può più guidare, e così Jenni si reca con la sua auto a casa dell’anziano.

La sintonia è immediata e la cordialità reciproca. La donna nota la solitudine di Paul e che ha bisogno di aiuto. “Gli ho detto che abito vicino a casa sua” dice Jenni, “D’ora in poi quando hai bisogno di un passaggio chiamami”. Gli dà il suo numero e il giorno dopo Paul la contatta per un passaggio. In poco tempo la donna stringe un rapporto d’amicizia con l’anziano, accompagnandolo ovunque senza farlo pagare: dal medico, al supermercato, dal parrucchiere.

Jenni inizia anche a fargli visita per controllare che vada tutto bene: “Ho iniziato a venire qui ogni singolo giorno dopo il lavoro per portarlo fuori a mangiare”. Ogni giorno, per più di un anno, pranzano o cenano insieme a seconda degli orari di Jenni, alternandosi nel pagare il conto.

Jenni, l’autista che ha scelto di badare all’anziano conosciuto su un Uber

Il legame si è intensificato e Paul ne è lieto: “Parliamo di qualsiasi cosa e di solito siamo d’accordo su tutto”. Lo scorso aprile la sua salute è peggiorata e la donna ha deciso di lasciare il suo lavoro a tempo pieno per occuparsi di lui. Jenni non dimentica ciò che è successo con suo padre, morto lontano da lei in Etiopia, dove viveva. “Mi è sempre mancato mio padre e non ero lì per i suoi ultimi giorni a prendermi cura di lui”. Il rimorso si è trasformato in una nuova opportunità, e adesso Paul “è come mio padre”.

Badante sette giorni su sette, dalle 10 fino alle 18, si occupa delle pulizie della casa, aiuta Paul a lavarsi e controlla che prenda le medicine. Per l’uomo “è come una figlia” e la sua compagnia è il servizio più importante. Jenni ha affermato che diventare una badante sia stata la migliore decisione della sua vita. Decisione che ha comportato una riduzione del 50% del suo stipendio. I tre lavori del marito però, significano tranquillità economica, e la sua scelta le ha comunque permesso di guadagnare molto di più a livello umano.

Lascia il lavoro per diventare badante del passeggero del suo Uber: la reazione dei figli dell’uomo

La parte più difficile è stata costruire la fiducia con i suoi figli” ha dichiarato Jenni, che non nasconde l’ostacolo iniziale. I due figli di Paul erano diffidenti, temevano che le intenzioni della donna non fossero sincere. “Ho spiegato loro chi sono e da dove vengo, e che non ho bisogno di niente da Paul, ma voglio prendermi cura di lui e aiutarlo nella sua vita quotidiana” ha ammesso lei.

Keith Webb, 66 anni, è il figlio dell’anziano. Lui e sua sorella vivono a Columbus come il padre, ma nonostante andassero a trovarlo costantemente non avrebbero potuto assisterlo tutto il giorno. Con il tempo hanno compreso i buoni propositi di Jenni, e che la sua compagnia era preziosa per il loro padre, rimasto vedovo nel 2014.

Paul ha lavorato per più di 60 anni al Battelle Memorial Institute, una società di sviluppo scientifico e tecnologico senza scopo di lucro. L’ictus nel 2017 e la successiva diagnosi di demenza hanno costretto i figli a cercare una soluzione. A malincuore la casa di riposo era l’unica scelta, ma a quel punto Jenni si è fatta avanti: “Per favore, non portarlo in una casa di riposo. Mi prenderò cura di lui”.

Emozionati per la proposta, i figli hanno ora un immenso supporto. “Ci sono persone in questo mondo che si preoccupano davvero”, conclude Keith, secondo la quale l’umanità di Jenni è “un esempio di speranza”.