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Il monologo di Roberto Saviano al Festival di Sanremo per i 30 anni dalla strage di Capaci e via D’Amelio

Pubblicato: 04/02/2022 00:03

Roberto Saviano è stato protagonista di un momento importante durante la terza serata del Festival di Sanremo 2022. La sua presenza è stata fortemente voluta da Amadeus In occasione dei 30 anni delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, avvenute a distanza di pochi mesi nel 1992. In quei drammatici attentati persero la vita il giudice Giovanni Falcone, insieme alla moglie Francesca Morvillo, insieme agli agenti della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Il giudice Paolo Borsellino, ucciso in un attentato insieke agli agenti: agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. 

Il monologo di Roberto Saviano a memoria di Falcone e Borsellino

Sul palco, con alle spalle l’immagine iconica di Falcone e Borsellino, Roberto Saviano inizia il suo monologo: “Sono passati 30 anni dagli attentati ai giudici Falcone e Borsellino, e noi siamo qui a ricordare, ma ricordare deriva da ‘recurdare’ mettere nel cuore. perché la memoria stava nel cuore secondo gli antici. Perché ricordare significa mettere nel cuore

“La loro storia è parte della nostra memoria collettiva per tutti sono simbolo di coraggio, il coraggio è sempre una scelta, di fronte alla necessita di cambiare le cose si ha la possibilità di scegliere di prendere posizione o di lasciar perdere ma il non scegliere significa solo rimanere neutrali ma significa diventare complici di chi vi si rifugia. La storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è la storia di chi sceglie sapendo di rischiare”.

“Ogni volta che le organizzazioni criminali uccidono contano sul fatto che dopo pochi giorni non se ne parli più, silenzio. (…) Questo la mafia pensava sarebbe accaduto anche in quell’occasione (in merito alla morte di Falcone e Borsellino n.d.r) e ne era convinta perché nel corso della loro carriera avevano subito quello che è la migliore arma del silenzio, la delegittimazione ossia screditare una persona coprendola di fango”.

La macchina del fango su Falcone e Borsellino prima dell’era dei social

Saviano si è poi soffermato sul periodo in cui Falcone e Borsellino erano ancora in vita e su entrambi si era attivata una macchina del fango degna degli odiatori sul web: “Oggi vengono celebrati come eroi ma non era così quando erano in vita.(…) Falcone e i colleghi del pool venivano accusati di spettacolarizzare il lavoro del giudice anti-mafia”

Continua Saviano: “I giubbotti antiproiettili, la scorta (…) erano visti come una messinscena che generava fastidio (…) di Falcone si arrivò a dire che la borsa con 58 candelotti messa davanti alla casa al mare se l’era messa da sola per farsi pubblicità e fare carriera. (…) Non c’erano i social, gli odiatori erano tanti tantissimi, (…) si preferiva affossarli attaccando l’immagine”

Secondo Saviano:” La delegittimazione serviva a creare diffidenza tra chi era dalla loro parte e questo la mafia lo sapeva”. Sempre secondo lo scrittore, “Il fango non è riuscito a sporcare il loro esempio. (…) La loro azione ha portato molte persone a capire che era possibile tramite il diritto che era possibile fare scelte coraggiose e avere una vita diversa”.

Il ricordo di Rita Atria: morta suicida dopo la morte di Borsellino

Roberto Saviano ha poi ricordato una delle vittime di mafia, Rita Atria “Durante il Festival di Sanremo del 1992 davanti alla tv c’è anche una ragazza di 17 anni, Rita Atria, (…) non guardò il Festival da casa sua in Sicilia, lo guardò da un appartamento a Roma di cui nessuno nemmeno sua madre conosceva l’indirizzo. Era figlia di un piccolo boss ucciso quando era bambina, pochi mesi prima aveva perso il fratello c he voleva vendicare il padre secondo la legge mafiosa”.

Rita aveva scelto una vita diversa, denunciare, pur sapendo che si sarebbe messa contro la sua famiglia e la sua comunità. Era la più giovane collaboratrice di giustizia (…) Ad accompagnarle c’era il magistrato Paolo Borsellino, per Rita era una guida le aveva mostrato la possibilità di una vita lontano dal mondo in cui la mafia decideva come si dovesse vivere e morire. Rita finalmente si sentiva libera: di amare, di curare il proprio corpo. di fare una passeggiata. Era felice di essersi liberata del suo passato e di creare il suo futuro. Poi arrivò la strage di via D’Amelio e sette giorni dopo Rita si tolse la vita.”

La drammatica scelta di Rita Atria è stata spiegata da Saviano: “La morte di Paolo borsellino che per lei era come un padre la fece crollare nella disperazione (…) La sua testimonianza descriveva dall’interno ciò che i magistrati potevano vedere solo dal di fuori. (…)”.

“Il coraggio dei testimoni di giustizia è il coraggio di chi sa che scegliendo di denunciare cambierà la propria vita e quella di chi gli è accanto spesso rovinandola o distruggendola ogni volta che non scegliamo è perché temiamo di essere attaccati, abbiamo paura. poi si capisce che rinunciamo al diritto di ricercare la nostra felicità”.

“Han creduto di seppellire Rita Atria come hanno creduto di seppellire falcone e borsellino ma hanno piantato dei semi”