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Smart working nella Pubblica amministrazione e in azienda: cosa cambia con la fine dello stato di emergenza

Pubblicato: 11/02/2022 16:20

Tra le conseguenze della fine dello stato di emergenza, che non dovrebbe essere prorogato oltre il 31 marzo, ci sarà un cambiamento nelle regole dello smart working. Ecco qual è il motivo e come potrebbe cambiare il cosiddetto lavoro agile, sia nella Pubblica Amministrazione sia nelle aziende.

Fine dello stato di emergenza e smart working: cosa cambierà e come funzionerà

Il 31 marzo 2022 è prevista la fine dello stato di emergenza che, da gennaio 2020, ha reso possibile il ricorso ad alcune misure straordinarie. Una di queste è proprio la diffusione dello smart working, che in molti casi è avvenuto senza prima stipulare un accordo individuale tra il lavoratore e l’impresa. In condizioni normali, la legge che disciplina il lavoro agile è la n. 81 del 2017 e dovrebbe continuare a essere la base di riferimento anche dopo il 31 marzo. Al di fuori dello stato di emergenza, il ricorso allo smart working prevede appunto un accordo individuale, volto per esempio a stabilire con quale pc e attrezzatura verrà svolto il lavoro, così come gli orari e il luogo di lavoro. È prevista la possibilità di organizzare la giornata sulla base degli obiettivi, pur mantenendo l’orario complessivo definito dai contratti, mentre non sono previsti straordinari. La direzione da seguire potrebbe essere quella di una formula “ibrida” che possa far coesistere il lavoro in presenza e lo smart working.

Come potrebbe essere gestito in futuro il ricorso allo smart working

Sebbene lo stato di emergenza sia ancora in vigore, i primi accordi tra i lavoratori e l’azienda si stanno già stipulando a partire dalla Pubblica Amministrazione. Le linee guida sono state fornite dal Ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Dopo il 31 marzo, l’obiettivo è la promozione di sinergie aziendali e di categoria, con l’ipotesi di accordi con i sindacati per favorire lo smart working nell’ottica delle pari opportunità e della sostenibilità a livello ambientale e sociale. In base ai dati raccolti dalla Cgil, attualmente gli accordi aziendali sullo smart working sono circa 200, pari cioè al 29% degli accordi aziendali censiti. Prima della pandemia questa percentuale era appena il 6%. Sono inoltre 13 i contratti nazionali di categoria hanno normato lo smart working.