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Missione russa in Italia per il Covid, si aprono le polemiche sul suo scopo: i dubbi e gli aspetti da chiarire

Pubblicato: 22/03/2022 15:52

Si torna a parlare con toni molto duri dell’operazione “Dalla Russia con amore” che ha portato in Italia aiuti per gestire l’emergenza da Covid. Quali sono i dettagli che stanno scatenando numerose polemiche negli ultimi giorni.

Missione Covid dalla Russia all’Italia, che cos’è successo

Il 22 marzo 2020 arrivava in Italia una delegazione russa inviata per contribuire ad affrontare l’emergenza Coronavirus. La delegazione comprendeva 28 medici, 4 infermieri e 72 militari, al cui capo c’era il generale Sergey Kikot, vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo e impegnato nella guerra in Siria per conto della Russia. Assieme al personale, la delegazione ha portato in Italia 326.000 mascherine e 600 ventilatori polmonari, alcuni dei quali, come sottolinea La Stampa, appartenenti a un lotto che presentava numerosi difetti. Gli aiuti da Mosca erano arrivati tramite una spedizione militare, con aerei militari cargo atterrati a Pratica di Mare. Dopo 2 anni, però, starebbero emergendo alcuni punti da chiarire su questa operazione in seguito alle dichiarazioni fornite dall’ex console russo a Milano, Alexei Vladimorovic Paramonov. L’ex funzionario avrebbe quindi minacciato conseguenze irreversibili nel caso in cui l’Italia dovesse unirsi alla nuova ondata di sanzioni contro la Russia.

Gli aspetti da chiarire sulla missione Covid in Italia da Mosca

Le polemiche si concentrano sul “vero” scopo di questa delegazione. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, uno dei principali sospetti è che quella missione possa aver portato alla conclusione di accordi commerciali tra Italia e Russia. Pochi mesi dopo l’arrivo della delegazione in Italia, il New Yorker ha inoltre sottolineato che il vaccino Sputnik è stato isolato da un cittadino russo che si era ammalato il 15 marzo proprio nel nostro Paese. Per l’allora premier Giuseppe Conte, “Questa vicenda è molto chiara e trasparente, in un momento di estrema difficoltà c’è stata da parte della Russia e di Vladimir Putin in particolare l’offerta della disponibilità di mandare un gruppo di sanitari, scortato dai militari, in ragione della grande esperienza da loro maturata in questo settore nelle precedenti pandemie”, come ha precisato durante la sua visita a Napoli in occasione della giornata in ricordo delle vittime innocenti della mafia. L’ex premier ha rigettato le insinuazioni su un eventuale secondo fine dell’operazione, aggiungendo che “è stata una missione sempre accompagnata dai nostri militari, hanno certificato che questa missione ha avuto solo uno sviluppo in ambito sanitario come era stato anticipato”.

L’incontro riservato tra la delegazione russa e l’Italia: le richieste avanzate da Mosca

Il Corriere della Sera e La Stampa sottolineano che a marzo 2020, subito dopo l’ingresso della delegazione in Italia, si sia tenuto un incontro riservato tra il personale inviato da Mosca e le autorità italiane impegnate nella gestione della pandemia. Qui, il generale Kikot avrebbe richiesto esplicitamente di poter sanificare l’intero territorio italiano, entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi che potessero essere a rischio. Da parte di Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano, all’epoca ai vertici del Comitato Tecnico Scientifico, sarebbe invece arrivato il chiarimento che gli unici interventi avrebbero riguardato gli ospedali e le Rsa, negando dunque l’ingresso in altre sedi. Come riporta il Corriere della Sera, per Miozzo “L’esordio di Kikot fu particolarmente intrusivo, ruvido. Parlava come se dovessero bonificare Chernobyl dopo l’esplosione nucleare”. In seguito, la delegazione russa ha collaborato con alcune strutture sanitarie in Lombardia per i 2 mesi successivi al loro arrivo. In questo periodo con ogni probabilità è stato isolato il DNA del cittadino russo ammalato di Covid. Ad aprile 2021, inoltre, l’ospedale Spallanzani di Roma aveva concluso un accordo proprio per la sperimentazione dello Sputnik, interrotto a seguito dell’invasione dell’Ucraina. I principali dubbi riguardano le tipologie di informazioni, anche sanitarie, a cui il personale russo potrebbe avere avuto accesso durante i 2 mesi trascorsi in Italia.