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Netflix va male e cancella due anni di pandemia, BCE verso la svolta: il punto sui mercati

Pubblicato: 22/04/2022 07:33

È finita la luna di miele. Netflix ha riportato per la prima volta in 10 anni un calo degli abbonati, precisando che il trimestre in corso potrebbe essere ancora più duro. Calo, questo, che ha costretto il colosso dello streaming a rivedere il proprio business model, il quale potrebbe includere costi maggiori e l’inserzione di nuovo spazi pubblicitari con un taglio netto per la condivisione dell’account tra amici e parenti. E il risultato si è fatto sentire non poco a Wall Street.

Intanto, l’inflazione continua a galoppare costringendo anche le banche centrali più accomodanti a rivedere i propri piani. Cina ed Europa, entrambi alla prese con un tasso di crescita inferiore alle previsioni, si trovano ad un bivio pericoloso per l’economia: continuare a supportare un’economia in difficoltà o dare un taglio all’inflazione aumentando i costi dei prestiti a discapito degli investimenti

Netflix mai così male dal 2004

Ha risuonato oltre gli ambienti finanziari il crollo del colosso dello streaming a Wall Street, il quale in un giorno solo ha perso circa 53 miliardi di dollari di capitalizzazione (-35%) come mai era accaduto dal 2004 (dati Bloomberg), provocando un esodo di azionisti come Bill Ackman – “guru” di Pershing Square Capital – e tornando alle valutazioni del settembre 2019.

La miccia è stata innescata dalla notizia del calo di 200 mila abbonati nel primo trimestre, il primo in oltre 10 anni, e dalle prospettive ancora più cupe per il secondo trimestre, nel quale la piattaforma prevede di perdere circa 2 milioni di utenze. La cause di tutto questo, come dichiarato dalla stessa piattaforma, sono da ricercare nella guerra che sta colpendo l’Ucraina e dalle sanzioni occidentali contro la Russia, un bacino a quanto pare molto rilevante per il servizio di streaming. Un altro fattore decisivo per la società è l’aumento dei competitor come Amazon, Apple TV e Disney+.

Le nuvole nere sull’outlook della società hanno costretto la società a rivedere il proprio modello di business, allontanandosi molto dall’archetipo tutt’ora in uso che ha reso Netflix la principale piattaforma di streaming a livello mondiale. Come annunciato dal Ceo Reed Hastings, Netflix sta valutando il lancio di una versione del servizio supportata dalle inserzioni pubblicitarie, una scelta sensata viste le prospettive ma in netta rottura con il modello di business esistente.

Secondo Filippo Diodovich, market strategist di IG Italia, “le dimensioni del sell-off erano di difficile previsione ma come avevamo visto negli scorsi mesi Netflix soffriva una concorrenza sempre più agguerrita di tanti competitor interessati a guadagnare quote in un mercato particolarmente redditizio. Il rallentamento dei ricavi e della crescita di nuovi utenti erano stati i primi segnali di un trend negativo partito da novembre 2021”.

Banche centrali al bivio

La Fed americana ha deciso: iniziare il percorso di aumento dei tassi d’interesse per diminuire l’inflazione con il rischio di perdere qualche punto percentuale di Pil. Cina ed Europa, due contesti molti diversi tra loro ma legati dalle supply chain, ora si chiedono lo stesso. I mercati sono rimasti sorpresi quando la banca centrale cinese ha deciso di non tagliare i tassi principali sui prestiti nonostante un’economia in rallentamento che sta facendo i conti con i danni causati dai diversi lockdown ancora in atto nei principali hub produttivi del Paese come Shanghai. La decisione, a detta della banca, è stata presa a causa del continuo aumento dei prezzi nonostante la stessa abbia immesso importanti flussi di liquidità nel sistema anche a seguito della crisi del settore immobiliare

Anche in Europa inizia a cambiare il vento. Con un’inflazione a livelli record (+7,4% a marzo a/a), membri molto influenti della BCE hanno iniziato a pensare che forse sarebbe il caso di alzare i tassi d’interesse già ad inizio estate, dopo 10 anni passati in un contesto di costi di prestito pari allo 0%. Dopo aver concluso l’ampio programma di quantitative easing all’inizio del terzo trimestre, secondo il vice presidente della Banca De Guindosnon c’è motivo per non terminare gli acquisti a luglio“.

Dal punto di vista attuale, (l’aumento dei tassi) a luglio è possibile ed è possibile anche a settembre, o più tardi“, ha detto De Guindos a Bloomberg, il quale si aspetta una moderazione dell’attesa per la fine dell’anno. Un cambio di approccio molto importante per la banca che arriva da un sostenitore delle politiche non convenzionali, e che fino a qualche settimana fa era convinto della “transitorietà” dell’inflazione.

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2022 18:27