di Vincenzo De Palo
Alle ultime elezioni nazionali vinte dalla Meloni e dal suo attuale Governo, durante la campagna elettorale, la questione del Superbonus 110% è stata uno dei temi principali messi al centro della discussione. Il Governo ancora oggi dichiara fallito il Superbonus di Giuseppe Conte, puntando il dito sull’aumento del debito pubblico italiano e anche dei costi dei materiali edili, ma il problema rimane: cosa accadrà adesso e quali decisioni in merito prenderà la Meloni? Bisogna smuovere il mercato immobiliare italiano con serie soluzioni e importanti cambiamenti legislativi, altrimenti il Primo Ministro si troverà a dover spiegare agli italiani i fallimenti del suo Governo.
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Analizziamo la questione partendo da un paradosso: il Governo Meloni non ha abolito il Superbonus ma ha deciso che sarà prorogato fino al 31 dicembre 2025 ma con aliquote decrescenti: 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023; 70% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024; 65% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025. Tutti si aspettavano un intervento più drastico viste le polemiche in campagna elettorale. Un po’ come è successo per il reddito di cittadinanza che non è stato cancellato ma modificato con il nome “MIA“. Le modifiche del Governo ci fanno intendere come i problemi che si volevano risolvere fossero reali, ed è stato un errore politico del Centrodestra quello di affermare, in campagna elettorale, che avrebbero cancellato tutto una volta vinte le elezioni, non hanno mantenuto la parola data ai loro elettori, più semplicemente stanno attuando alcune modifiche.
Non giriamoci intorno, il problema del Superbonus è stata la completa assenza di controlli governativi e regionali verso l’aumento dei prezzi dei materiali e la gestione dei fondi per i lavori di ristrutturazione e il cambio di classe energetica. L’idea però era buona perché aveva lo scopo di ringiovanire vecchi immobili, modernizzare l’estetica degli edifici e seguire le direttive europee per le regole legali al cambio di classe energetica seguendo le aspettative della strategia green economy.
Ora che tutto sembra cambiato, con un ridimensionamento del progetto Superbonus, cosa succederà? La prima cosa urgente da capire è che il potere di acquisto dei cittadini è drasticamente diminuito, ai minimi termini, quindi non si comprano case, non si fanno mutui e la logica conseguenza è il forte aumento delle donazioni di padre in figlio, ma gli immobili donati ai figli sono vecchi e necessitano di essere ristrutturati, ergo, serve un piano nazionale per le ristrutturazioni sul quale nessuno sta ragionando con una miopia politica che fa veramente impressione! L’Europa già vuole imporre un cambio di classe energetica agli immobili in tutta Europa, per una seria politica green, e il timore che questo possa mettere in seria difficoltà il mercato immobiliare italiano già di per sé complicato, è una questione da risolvere in fretta. Poi c’è il problema dei mutui non più accessibili anche a chi fa un lavoro dignitoso, si dovrà riformare la cessione del mutuo se non vogliamo umiliare le famiglie italiane, questione di vitale importanza che nessuno ha il coraggio di affrontare perché servirebbe una guida politica ed economica di grande spessore, forse l’unico poteva essere Mario Draghi ma non gli hanno dato il tempo necessario per mettere in agenda la discussione.
Attenzione, il mercato immobiliare non è mai in crisi. C’è sempre chi vuole comprare qualcosa, esistono più semplicemente operazioni immobiliari sbagliate e quelle giuste, territori pronti ad affrontare al meglio il mercato ed altri no, è sempre stato così. Il problema è equilibrare le opportunità affinché non diventi un mercato per soli ricchi. Facciamo un’analisi più specifica della situazione, ad esempio, i piccoli centri urbani italiani, seppur deficitari nei servizi, dovrebbero riuscire a fare da attrattiva per chi abita nelle grandi metropoli. Bisognerebbe fare in modo che le persone vogliano trasferirsi nei piccoli centri senza dover rinunciare al lavoro o alla vita della metropoli che comunque sta lì, a pochi chilometri di distanza. Un ponte necessario da costruire per fare sopravvivere il mercato immobiliare delle piccole città.
Attrarre gli investitori con la stessa logica, farli restare e convincerli a risiedere nei piccoli centri è la sfida. Il rischio per i piccoli centri urbani di rimanere troppo indietro rispetto al resto del mercato è alto, questo a causa del non miglioramento dei servizi e del non lavoro che diminuisce il potere di acquisto, ma l’attrattiva culturale e artistica dei piccoli borghi potrebbe aiutare a tenere a galla il mercato immobiliare, forse non sarà sufficiente a lungo termine questa strategia. Il risultato sarebbe la totale svendita del mercato se non miglioreranno i servizi e le opportunità di lavoro. Le grandi città invece, risentono ovviamente dell’andamento economico internazionale, poi troppa burocrazia frena gli investimenti, nonostante ciò, a Milano si vende di media una casa ogni 7 giorni, a Roma ogni 3 mesi.
Napoli sta vivendo un momento estremamente positivo, un mercato immobiliare sempre più interessante. Cresce il mercato immobiliare del lusso. In generale, i prezzi di tutti gli immobili crescono perché è una sorta di autodifesa verso la crisi. La vivibilità in molte grandi città è ridotta al minimo. Serve un piano di moderna urbanizzazione per ampliare gli spazi e una strategia contro l’inquinamento. Abbiamo sempre criticato la Germania e i paesi del nord Europa che tendono ad abbattere e ricostruire nuove e moderne palazzine perché evidentemente gli spazi da coprire non sono infiniti, forse potremmo in Italia meditare su un’idea simile. Il futuro del settore immobiliare e degli operatori?
In Italia sarà completamente digitale, perché spostarsi per i clienti e consulenti diverrà sempre più costoso e proibitivo. Tante piccole agenzie non digitalizzate non sopravviveranno.
Oggi si vendono immobili da una parte all’altra del mondo, e prima o poi il patentino europeo per gli agenti immobiliari sarà necessario e magari anche obbligatorio. Al momento esiste un patentino europeo per attività a tempo determinato, ma l’idea è raggiungere un livello di lavoro europeo e digitale stabile e a lungo termine, il prima possibile. Un agente immobiliare non può più lavorare in un piccolo territorio, non sopravviverebbe a lungo; gli orizzonti si devono necessariamente allargare per un mercato sempre più internazionale e per questo motivo la digitalizzazione sarà utile per la comunicazione a distanza come primo approccio virtuale anche di visita per gli immobili e di conseguenza un aumento delle collaborazioni tra agenzie per aiutarsi a gestire la clientela. Anche conoscere altre lingue sarà fondamentale per gli agenti immobiliari. Sarà naturale che un consulente italiano prenderà un incarico immobiliare in Germania o in Francia e viceversa, ma non sarà un lavoro accessibile a tutti perché aumenteranno responsabilità e competenze professionali.
Noi in Italia facciamo fatica ad accettare questo meccanismo, ma non si torna indietro. Una sfida difficile ma affascinante.