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Giulia, che voleva solo laurearsi e crescere: dramma di una società che non ama le donne libere

Pubblicato: 18/11/2023 09:16

La tragica vicenda di Giulia Cecchettin è un crudele promemoria della persistenza di un’oscura mentalità. Gli elementi del caso—un’aggressione brutale, tracce di violenza e sospetti che gravano sull’ex fidanzato—delineano un quadro desolante che va oltre il singolo evento: riflette una problematica socioculturale più ampia e profondamente radicata. La possibilità che Giulia sia stata attaccata proprio alla soglia di un momento significativo della sua vita, la laurea, pone l’accento su un pericoloso legame tra violenza e paura maschile di perdere il controllo: piuttosto che vederti crescere e perdere potere su di te, ti ammazzo.

“Sei mia”, in tutto il mondo con sfumature diverse

La prepotenza maschile, con il suo mantra retrogrado “sei mia“, trova terreno fertile non solo nelle cronache italiane, ma risuona in un contesto globale dove l’istruzione delle donne è spesso osteggiata come una minaccia all’ordine patriarcale. L’attacco subito da Giulia riporta alla mente immagini di realtà in cui l’accesso all’istruzione per le donne è negato o ostacolato, dalla soppressione dei diritti delle donne in Afghanistan da parte dei talebani, fino alle visioni distorte che emergono persino in alcune proposte legislative ungheresi o nei commenti culturali occidentali che correlano l’istruzione femminile con una presunta crisi di natalità.

La cultura popolare, come evidenziato dal successo del film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, riflette e alimenta il dibattito sull’autodeterminazione femminile, suggerendo una continuità con il passato nella lotta per la libertà personale e sociale delle donne. E sebbene le leggi italiane abbiano visto progressi significativi verso l’uguaglianza di genere, episodi di violenza come quello subito da Giulia dimostrano che le norme non sempre si traducono in cambiamenti.

In un mondo ideale, la laurea di Giulia sarebbe stata un traguardo da festeggiare, non un possibile catalizzatore di violenza. La sua vicenda solleva interrogativi profondi: stiamo assistendo a resistenze isolate o a una più allarmante inversione di tendenza nel modo in cui la società percepisce le donne istruite? Gli atti di violenza nei confronti delle donne sembrano essere sintomi di una cultura che ancora non riesce a metabolizzare pienamente l’emancipazione femminile.

L’urgenza ora è quella di trasformare l’indignazione collettiva in azione. È fondamentale che l’educazione, tanto formale quanto informale, continui a promuovere l’uguaglianza di genere e a condannare ogni forma di violenza e controllo. Come società, dobbiamo assicurarci che la storia di Giulia non sia un semplice episodio di cronaca, ma un punto di svolta per riflettere e agire, garantendo che il diritto all’istruzione, alla sicurezza e alla libertà delle donne non sia solo un principio legale, ma una realtà condivisa e incontestabile.

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Ultimo Aggiornamento: 18/11/2023 12:06