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Il mistero del nuovo virus cinese, le cose da sapere

Pubblicato: 24/11/2023 15:56

Poche informazioni certe e tante fake news: sul nuovo virus cinese è fitto il mistero. E, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità si mobilita, Pechino prende tempo. Un modus operandi che abbiamo già imparato a conoscere durante (e anche dopo) l‘emergenza Covid19. Non c’è alcuna prova, infatti, che in Cina sia emerso un nuovo virus perché, se è vero che aumentano le infezioni respiratorie, la causa potrebbe anche essere la diretta conseguenza della fine dei lockdown imposti dal Governo.

Virus cinese tra poche certezze e tante fake news: ecco come stanno le cose

È possibile che nelle prossime ore o nei prossimi giorni il polverone mediatico si sgonfi del tutto o che si concretizzi in un vero allarme, ma al momento “non c’è alcun reale motivo di preoccupazione per una ulteriore emergenza a livello globale”, scrive oggi Roberta Villa su Repubblica.
Meglio dunque partire dai fatti concreti: già dalla primavera scorsa era stato segnalato un aumento di incidenza delle infezioni respiratorie nel Paese rispetto agli anni precedenti e in una conferenza stampa, tenuta il 13 novembre scorso, le autorità cinesi del Comitato sanitario nazionale avevano riportato un incremento dei casi di malattie respiratorie, attribuiti a vari agenti infettivi, virali e batterici: influenza, Covid-19, polmoniti da Mycoplasma pneumoniae e bronchioliti da virus respiratorio sinciziale (RSV) nei bambini. 

Una settimana dopo, il sito ProMED della International Society for Infectious Disease, che raccoglie segnalazioni informali di minacce infettive da ogni parte del mondo, ha riportato il servizio di una televisione di Taiwan, secondo cui gli ospedali pediatrici di Pechino e Liaoning sarebbero pieni di pazienti con polmonite in cerca di cure.

L’Oms stavolta non perde tempo e chiede chiarezza a Pechino

Ad ogni modo, sulla scorta di quanto accaduto durante il Covid19, stavolta l‘Organizzazione mondiale della Sanità non perde tempo e chiede subito alla Cina maggiori chiarimenti, che non si fanno aspettare: i Centri per il controllo delle malattie di Pechino confermano che il Paese si trova di fronte a un’ondata di varie malattie respiratorie note. Nulla di inatteso, quindi. Ma molti si chiedono se ci si può fidare.

In questo contesto, val la pena ricordare che la Cina è stato l’ultimo grande Paese, circa un anno fa, a sollevare ogni tipo di restrizione nei confronti del virus SARS-CoV-2, passando tutto d’un tratto da una rigida politica “zero Covid” ad una di totale libertà di circolazione del virus. Mentre altrove questo cambiamento di approccio alla pandemia è avvenuto con maggiore o minore gradualità, Xi Jin Ping, spinto da pressioni sociali ed economiche, ricorda sempre Repubblica, ha invertito bruscamente la rotta, pur consapevole che la decisione avrebbe avuto un prezzo in termini di vite umane, soprattutto tra gli anziani: quasi due milioni di decessi in più, tra gli adulti sopra i 30 anni, solo nei primi due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. Oltre al virus pandemico, anche tutti gli altri agenti infettivi che si trasmettono per via respiratoria hanno così avuto via libera, dopo quasi tre anni in cui influenza, raffreddori e altri malanni tipici di stagione e meno contagiosi di Covid-19 erano stati tenuti a bada da distanziamenti, mascherine, misure igieniche di ogni tipo. Lo stesso è accaduto negli anni scorsi in Occidente, nella prima e in parte anche nella seconda stagione fredda successiva al “liberi tutti”: grandi numeri di persone messe a letto con l’influenza, ma soprattutto ondate mai viste di infezioni da virus respiratorio sinciziale nei bambini piccoli, anche di età superiore a quelle in genere più colpite. Qualcuno tirò fuori l’ipotesi del “debito immunitario”, come se non essersi ammalati nei primi mesi di vita potesse in qualche modo aver danneggiato le difese dell’organismo. Non è così: semplicemente, “si concentravano in quel periodo di prima esposizione agli agenti infettivi tutti i casi di infezione che in condizioni normali si distribuiscono su più anni, con il vantaggio, anzi, per i bambini nati nei primi due anni di pandemia, di incontrare i virus a un’età in cui questi rappresentavano un minor rischio”, spiega Repubblica.

La paura dei virus cinesi e il disordine informativo

La grande rilevanza data alla “non notizia” di un nuovo agente responsabile di polmoniti pediatriche in Cina è sintomatica del disordine informativo in cui ci troviamo. L’esperienza di tre anni fa pesa sulla nostra capacità critica di valutare la situazione: è necessario non farsi prendere dal panico e valutare la realtà con spirito oggettivo. Del resto esistono organismi e istituzioni finalizzati alla sorveglianza ed è bene che continuino a fare il loro lavoro, rilevando ogni segnale, anche apparentemente innocuo, per valutarne l’effettiva pericolosità. È il caso della piattaforma ProMED, la cui forza sta nella rapidità e capillarità sul Pianeta, ma che nei suoi post non ha alcuna pretesa di fornire informazioni verificate. Da parte dei media, invece, sarebbe bene non interferire con questo prezioso lavoro, lanciando allarmi troppo prematuri, con il rischio che ci si trovi a sottovalutare l’emergenza se ce ne fosse davvero la necessità.