
Assassinio di Nada Cella, a 27 anni dalla sua morte e a due anni dalla clamorosa riapertura del processo, arriva il rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, la donna accusata di avere ucciso la segretaria 24enne dello studio del commercialista Marco Soracco. Anche quest’ultimo è rinviato a giudizio per falsa testimonianza insieme all’anziana madre, Marisa Bacchioni. Gli elementi che hanno fatto riaprire l’inchiesta alla procura di Genova, nella cui provincia, a Chiavari, si consumò l’omicidio.
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I motivi del rinvio a giudizio
Conosciuto come Il delitto di via Marsala, quello di Nada Cella è stato un caso irrisolto fino al 2021, quando due testimoni furono interpellati da una tesista in Criminologia, Antonella Pesce Delfino. Quei testimoni non erano stati presi in considerazione e sono divenuti decisivi per la soluzione del caso.
Anna Lucia Cecere è accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Avrebbe ucciso la ragazza per gelosia. Soracco e la madre devono rispondere di false dichiarazioni al pm e favoreggiamento: per l’accusa avrebbero mentito nel corso degli interrogatori fatti fino a un mese fa. Cecere, secondo il pm Gabriella Dotto, avrebbe ucciso Nada “per motivi di rancore e gelosia verso la vittima”, per via della posizione da lei occupata all’interno dello studio di Soracco e la sua vicinanza a costui”.
“Un castello di menzogne”
Spiega il Fatto quotidiano: “Il castello di bugie, secondo gli inquirenti, riguarderebbe anche la telefonata di una amica ‘ricevuta lo stesso giorno dell’omicidio con la richiesta di intercedere per il posto di lavoro di Nada e in merito alla telefonata ricevuta personalmente il giorno in cui la stessa Cecere subì una perquisizione. ‘Non sono mai stata innamorata, anzi mi fai schifo’, avrebbe detto, omettendo di fornire informazioni utili (asserendo solo di aver considerato la persona della Cecere “figura non importante”). E poi dichiarava “di non essersi accorto di quanto accaduto alla segretaria e di aver inizialmente pensato ad un malore o a un urto accidentale su qualche spigolo (pur avendo in realtà ritenuto che fosse necessario astenersi dal toccare la vittima o altri oggetti nella stanza)”.