Resta alta la tensione nel centrodestra sul delicato tema del premierato, uno dei punti più discussi dell’agenda politica del governo Meloni e sul quale non sono mancate in questi giorni anche feroci polemiche. Entro i prossimi giorni, l’eventuale accordo tra i partiti a sostegno della premier dovrà trasformarsi in emendamenti da depositare al Senato anche se, stando a quanto riportato dall’Ansa, potrebbe esserci stata già la fumata bianca: l’accordo sarebbe stato trovato attorno al cosiddetto “Lodo Calderoli“, dal nome del leghista che ha avanzato la proposta. Le opposizioni sono già pronte, come hanno spiegato i capigruppo del Pd, Francesco Boccia e di Avs Peppe De Cristofaro, a dare battaglia.
Dal centrodestra si attende invece ancora il nulla osta dai leader, visto che sulla bozza di accordo si è registrato un braccio di ferro, in cui Fdi ha ceduto ad alcune richieste della Lega, ottenendo tuttavia la conferma dell’elezione diretta del premier, l’elemento giudicato “irrinunciabile” da Meloni. Il “lodo Calderoli” consiste in quello che per la Lega è un bilanciamento dell’elezione diretta del premier, attraverso un aumento del potere di contrattazione dei partiti della coalizione che lo ha sostenuto nelle urne.
Al partito di Giorgia Meloni piaceva l’idea di tornare al voto in caso di sfiducia al premier eletto. La mediazione, invece distingue due scenari diversi: nel caso in cui il premier eletto viene sfiduciato “mediante mozione motivata” – quindi con una rottura della coalizione – può chiedere le elezioni anticipate al Presidente della Repubblica che “emana il conseguente decreto”. Se invece non ottiene la fiducia che pone su un provvedimento, allora non può chiedere le elezioni anticipate. Non ottenendo la fiducia cadrebbe lui, ma la legislatura andrebbe avanti, e subentrerebbe un secondo premier espresso dalla coalizione. Una soluzione che, però, ha già fatto drizzare le antenne ad alcuni giuristi, dubbiosi sul fatto che possa combaciare con il nostro diritto costituzionale.
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