
Il Diavolo esiste? Esistono i demoni? Chi riconosce il demonio? Coloro che hanno anch’essi demoni interiori e li attribuiscono agli altri?
La vicenda di Altavilla è terribile, orribile, complessa. E non ci consente la banalizzazione mediatica. Lo scavare sui “mostri”. Perché forse la società, la comunità, è anch’essa mostro, infetta, piena di disagi, malattie mentali, demoni. Se si esamina con la lente della ragione ci sono persone colte, o che comunque hanno studiato, che fanno gesti simili. Buttarla sulla religione, o sull’ignoranza, serve a rassicurare chi non è religioso o chi pensa di non essere ignorante. Mentre il disagio psichico colpisce, random, tutti. Nessuno, nessuna famiglia, ne è esente, esclusa per non si sa quale diritto. Solo che mentre sulle malattie fisiche si discute, ci si confida ed affida, sul disagio mentale ci si nasconde. Nessuno vuole passare per pazzo, i familiari nascondono la malattia. Una volta le persone sparivano nei manicomi, e si conservava questo segreto inconfessabile. Oggi i mostri – i demoni psichici – sono tra noi, dentro di noi. E li nascondiamo, come polvere sotto il tappeto. E più semplice mettere i colpevoli, i rei, all’indice, estraniarli da noi. Loro sono loro, noi siamo diversi, a noi non può accadere. Vi ricordate Michael Douglas in un giorno di ordinaria follia? Un normale travet, in camicia a maniche corte e cravatta, che nel traffico di Los Angeles sbrocca, svalvola, e vuole fare del male alla sua famiglia, dopo aver fatto una strage in una tavola calda. Era religioso? Era ignorante? Era diverso? No, sembrava normale.
I Daimon sono tra noi, dentro di noi, non appartengono ai diversi, appartengono a tutta la collettività. E bisogna farsene carico, investire soldi, miliardi, PNRR, sulla salute mentale. Prima che i demoni ci mangino, come gli zombie dei film. Altavilla non è un film, o una nuova saga per i talk pomeridiani delle casalinghe. L’esorcismo, l’orrore di Altavilla, che fu titolo della regina Costanza, è la vita vera, cruda, nell’ignoto delle esistenze umane, che non conosciamo, perché ci facciamo i fatti nostri, e non ce ne curiamo. Fino al prossimo orrore, più orripilante, più vicino a noi.