
Il Generale Roberto Vannacci torna a far parlare di sé, ma questa volta potrebbe essere nei guai. Il suo ultimo libro, “Il coraggio vince“, si rivela una miniera di dettagli sulle delicate missioni militari svolte dall’autore, ma a quanto pare, Vannacci ha omesso un passaggio cruciale: chiedere l’autorizzazione all’esercito prima di pubblicare. Questa omissione lo espone ora al rischio di una nuova indagine da parte della procura militare, come riportato da La Repubblica.
Nella sua autobiografia, Vannacci narra con precisione episodi delle sue missioni in luoghi di tensione globale quali Mogadiscio, l’ex Jugoslavia, Baghdad e Mosca. Dettagli vividi di soldati legati, incappucciati e sottoposti a simulazioni di annegamento emergono dalle pagine del libro, ritraendo un’immagine di guerra che, sebbene educativa, potrebbe non essere gradita all’esercito.
Questa rivelazione solleva interrogativi non solo sulla libertà di espressione all’interno delle forze armate ma anche sul confine tra il dovere di riservatezza e il diritto di raccontare la propria esperienza. La legge è chiara: ciò che si fa in servizio non può essere divulgato senza autorizzazioni specifiche. In questo caso, sembra che tali autorizzazioni non siano state acquisite da Vannacci.
Aggravante per la situazione del generale è la sua possibile candidatura al parlamento europeo con la Lega. Una vittoria alle elezioni lo vedrebbe in aspettativa, ma non fermerebbe i procedimenti militari a suo carico. Già in passato, precisamente lo scorso febbraio, Vannacci aveva ricevuto una sospensione di 11 mesi a seguito della pubblicazione del suo primo libro, accusato di aver “compromesso il prestigio e la reputazione dell’amministrazione di appartenenza”.
Il caso di Vannacci solleva quindi questioni profonde sul bilanciamento tra responsabilità e libertà individuali, in un contesto dove la sicurezza nazionale e la privacy dei militari sono di massima importanza. La vicenda è in pieno svolgimento, e restiamo in attesa di ulteriori sviluppi sull’esito delle indagini.