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Google distruggerà milioni di dati degli utenti: cosa sta succedendo

Pubblicato: 02/04/2024 16:57

Navigare in incognito senza subire il tracciamento dei propri dati si può e si deve. Parola di giudice. Per questo Google dovrà cancellare miliardi di dati degli utenti che hanno utilizzato tale modalità di ricerca – in incognito – sul browser Chrome, così come non potrà più registrarli in futuro. E’ di queste ore l’annuncio della stessa azienda tecnologica di apprestarsi a distruggere qualche miliardo di dati raccolti dal browser Chrome, appartenenti a chi ha utilizzato il motore di ricerca in modalità “navigazione in incognito”. Lo ha specificato il sito Wired.it ricordando che tutto era partito da una causa collettiva risalente al 2020, in base all’accusa di tracciare i dati delle persone nella navigazione anonima senza che queste ne fossero a conoscenza. Con violazione della loro privacy. L’accordo, un patteggiamento, che ne è seguito davanti al tribunale della California (accordo Google-utenti) ha previsto che Big G cancelli i dati raccolti, oltre a garantire più trasparenza sul tracciamento nella modalità in incognito, e a porre dei limiti alla futura raccolta dei dati.

Nella proposta di accordo presentata a Google, gli utenti che si sono ritenuti danneggiati hanno definito la transazione in grado di “garantire reale responsabilità e trasparenza da parte del più grande collezionista di dati del mondo, segnando un passo importante verso il miglioramento e il rispetto del nostro diritto alla privacy su internet”. Lo scorso dicembre il sito specializzato Ars Technica riportava dell’accordo scaturito dalla causa promossa da un gruppo di utenti, che sostenevano che Google continuasse a “tracciare, raccogliere e identificare i dati di navigazione” anche utilizzando la modalità di navigazione in incognito del browser Chrome. Accusando l’azienda di aver avuto accesso anche a “cose potenzialmente imbarazzanti” che avevano cercato in rete, concedendo poi ai siti che supportano Google Analytics o Ad Manager di raccogliere informazioni anche dalla modalità in incognito.

Secondo gli analisti specializzati in materia la decisione scaturita dall’accordo in tribunale avrà conseguenze (soprattutto economiche) per Big G. Considerando che questo comporterà una doppia incidenza sui guadagni: da un lato l’azienda dovrà cancellare i dati raccolti in passato; dall’altro dovrà ridurre la quantità di quelli che raccoglierà in futuro. Nell’ambito della risoluzione della causa intentata da suoi utenti, Google ha accettato inoltre di consentire di bloccare i cookie di terze parti per impostazione predefinita, in modalità di navigazione in incognito, per i prossimi 5 anni per evitarne il tracciamento. Il portavoce dell’azienda californiana, José Castañeda, ha dichiarato che questa è lieta di risolvere questa causa”, da sempre ritenuta “priva di fondamento. Non associamo mai i dati agli utenti quando utilizzano la modalità di navigazione in incognito, quindi siamo felici di cancellare i vecchi dati tecnici che non sono mai stati associati a un individuo, e che non sono mai stati utilizzati per forme di personalizzazione”.

Le affermazioni dal quartier generale di Google non sembrano aver rassicurato tutti i potenziali utenti. Sarebbero state infatti una cinquantina le denunce presentate al tribunale statale della California da quanti lamentano un tracciamento illecito. Tanto più che inizialmente, come ha spiegato ancora Wired.it, la stessa compagnia aveva cercato di far archiviare le accuse, sostenendo che in Chrome fosse presente l’avviso – visualizzato dall’utente quando passa alla modalità “in incognito” – che quella ricerca “potrebbe essere ancora visibile ai siti” che visitano.

Secondo la giudice Yvonne Gonzalez Rogers che ha seguito la causa, l’avviso di Chrome non significa che Google avvertisse gli utenti del tracciamento dati. “La mozione di Google – ha detto la giudice – si basa sull’idea che i querelanti abbiano acconsentito alla raccolta dei loro dati mentre navigavano in modalità privata. Poiché Google non ha mai detto esplicitamente agli utenti che lo fa, la Corte non può ritenere che gli utenti abbiano esplicitamente acconsentito alla raccolta di quei dati”. In seguito alla decisione del tribunale gli avvocati del colosso tecnologico hanno deciso di patteggiare con i querelanti, i quali avevano chiesto un risarcimento danni fino a 5.000 dollari. Ma i dettagli dell’accordo non sono stati rivelati al pubblico.

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