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Il segreto di Pulcinella di Elisabetta Belloni che neanche Meloni vuole svelare

Pubblicato: 13/04/2024 12:42

Era il 2 maggio del 2022, in una stanza della questura di Roma è seduta una elegante signora. È una donna molto potente, è stata Segretaria generale della Farnesina, il ministero degli Esteri, e il governo Draghi l’ha nominata capo del Dis, di fatto è il capo delle spie italiane, è al vertice del dipartimento che riunisce le agenzie di intelligence.

I Magistrati la stanno interrogando in merito al famoso video in cui Renzi e Mancini, l’ex numero due dell’Aise, stavano conversando in un autogrill. Il video finisce a Report tramite una fantomatica professoressa, forse parente di Scafarto, l’ufficiale dei carabinieri condannato per il caso Consip, che trasformatasi in 007, terremota la politica italiana. 

Cosa significa opporre il segreto di Stato

Elisabetta Belloni, la persona sottoposta ad interrogatorio, riguardo a oltre 15 domande, soprattutto sui rapporti tra la trasmissione Report ed i servizi segreti, oppone il segreto di Stato, quello del caso Ustica per esempio. Il segreto di Stato viene apposto su richiesta del dipartimento che sovrintende i Servizi con firma del Presidente del Consiglio. Lo si può apporre solo per esigenze di sicurezza nazionale, perché lo Stato, la Repubblica, le istituzioni democratiche sono in pericolo. Ma che c’entra Sigfrido Ranucci? È un agente sotto copertura? Quel servizio televisivo che intendeva sputtanare Renzi, e togliere di mezzo il vicedirettore dell’Aise, aspirante a promozioni, era un’operazione dei Servizi? E cosa si doveva tutelare? Il posto a cui forse aspirava Mancini? Cui prodest tutto ciò? 

La Meloni non è Draghi, potrebbe togliere quel segreto, onestamente fuori da ogni logica, ma non lo fa. La Belloni, una che proprio Renzi segò per la carica di Presidente della Repubblica, è ancora a capo dei Servizi, anzi la Meloni l’ha rafforzata. Ma la politica comanda ancora in questo paese oppure c’è un Deep State a cui le istituzioni servono come front end? 

Ovviamente sempre Renzi, il divisivo, quello fuori dagli schemi retrostanti, l’inaffidabile, per alcuni mondi, quello che voleva mettere sotto controllo informatico le informazioni degli apparati, quei mondi autoreferenziali, che si rigenerano per partenogenesi. Tutto puzza di bruciato, c’è chi muove i fili e chi li tocca, e poi muore.