Come vi avevamo anticipato nelle scorse settimane, l‘esercito Russo sta avanzando velocemente in Ucraina e l’impressione è che la resistenza delle truppe di Zelensky sia ormai agli sgoccioli. Putin ha assestato l’attacco decisivo, o almeno queste sono le notizie che arrivano dal fronte ucraino. Il timore dell’Alleanza Atlantica è che questo possa accadere entro una decina di giorni e che la caduta di Kiev possa avere conseguenze gravi in tutti i Paesi baltici. Per questo i vertici Nato, pur senza comunicazioni ufficiali, stanno studiando un piano operativo che prevede, a determinate condizioni, il coinvolgimento di truppe occidentali nel conflitto. Quello che sembrava essere un evento impossibile, anche se più volte evocato dal Presidente Francese Macron, ora sta prendendo corpo in modo preoccupante. Il timore della Nato non è tanto la caduta di Kiev, ma lo sfondamento delle truppe Russe nel Nord Ovest. Cioè nella zona che confina con la Bielorussia. (continua dopo la foto)

Se ciò accadesse, e non sembra che le truppe ucraine possano riuscire a impedirlo, si creerebbe un collegamento diretto fra Kiev e Minsk, la capitale bielorussa. E a quel punto la Bielorussia sarebbe coinvolta direttamente nella contesa. Un’opzione che in Occidente ritengono inaccettabile, perché questo metterebbe a disposizione di Mosca truppe e armamenti militari. Il timore occidentale è che questo porti a un successivo attacco ad altre Repubbliche Baltiche, a partire dalla Moldavia. O a “provocazioni” nei confronti della Polonia. Sono scenari che con ogni probabilità porterebbero al conflitto globale. Il segretario della Nato Stoltenberg lo ha detto senza parafrasi: “Il rischio più grande è che in Ucraina prevalga Putin. Se la Russia dovesse vincere, dovremo affrontare il costo più grande per la nostra sicurezza”. (continua dopo la foto)

Parole inequivocabili. Ma il “piano d’intervento diretto” si scontra con una serie di circostanze che non possono essere ignorate. La prima è la carenza di armamenti dei Paesi europei, che in questi anni hanno esaurito o fortemente diminuito le scorte accumulate prima del 2022 per sostenere Kiev. Era stato proprio Stoltenberg a spingere i Paesi alleati a rifornire di armi la resistenza ucraina. Una strategia che si è rivelata perdente e anche molto pericolosa. Tanto che oggi si ritiene che Francia, Germania e Gran Bretagna farebbero fatica anche a inviare al fronte una brigata corazzata a testa. In generale, si segnala da parte europea un ritardo preoccupante di tecnologie e tattiche militari. A partire dalla mancanza di carri armati e veicoli da combattimento che possano far fronte agli attacchi da parte di droni e alla presenza di mine. Le esercitazioni della Nato in Polonia e nel Mar Egeo hanno portato alla luce come nessun reparto militare europeo sembri pronto ad affrontare un conflitto come quello che si sta svolgendo nel Donbass e sulle frontiere ucraine. E anche le munizioni scarseggiano. Cannoni e armi sono stati inviati in gran numero a Kiev. E ora il piatto piange. (continua dopo la foto)

Sullo sfondo c’è un ulteriore problema da affrontare. Donald Trump ha già detto chiaramente che, se verrà eletto, gli Stati Uniti non aiuteranno i Paesi che non si sono dotati di sufficienti armamenti. E se venisse meno l’appoggio degli Usa, in caso di conflitto l’Europa si troverebbe con il cerino in mano. Coinvolta in una guerra che le opinioni pubbliche non vogliono, con eserciti non pronti e senza una sufficiente dotazione di armi e tecnologie. Al di là delle dichiarazioni di Macron sull’invio di truppe, l’Unione Europea si troverebbe a recitare il ruolo di vaso di coccio fra le superpotenze. E infatti oggi il Presidente Francese incontrerà il leader cinese Xi per chiedegli di intercedere con la Russia per evitare l’escalation del conflitto. In caso contrario, si potrebbero verificare scenari inimmaginabili. Con l’incubo dell’uso del nucleare sempre presente sullo sfondo. Gli errori compiuti nella gestione della guerra in Ucraina e del mancato ricorso alla diplomazia stanno venendo a galla. E la speranza è che non si ripeta lo stesso sbaglio anche adesso. Perché rischia di essere una strada senza ritorno.