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Strage di Casteldaccia, le prime verità sull’inchiesta: gli operai non dovevano entrare nella vasca

Pubblicato: 07/05/2024 18:03

Proseguono le indagini a Palermo sulla strage sul lavoro a Casteldaccia, dove cinque operai hanno perso la vita a causa delle esalazioni tossiche mentre eseguivano delle manutenzioni all’interno di una cisterna di liquami.

Secondo quanto emerso dai primi accertamenti, risulta che i cinque operai morti e i tre feriti non sarebbero dovuti entrare nell’impianto di sollevamento delle acque reflue: l’appalto per i lavori, vinto dalla ditta Quadrifoglio, prevedeva infatti la manutenzione di quel tratto di rete fognaria a livello strada operando dai tombini con sonde ad alta pressione per liberare il tratto di condotta fognaria occluso. Questo spiegherebbe anche l’assenza dei dispositivi di protezione da parte degli operai.

Uno dei sopravvissuti, Paolo Sciortino, prima della tragedia aveva tolto il coperchio di alcuni tombini lungo la statale 113, era lui l’addetto a manovrare il mezzo per rimuoverli e consentire alla squadra di operare dalla strada. Invece non è andata così, i primi tre operai intorno alle 13 sono scesi nella cisterna trovando la morte in pochi minuti.

Ma anche su questa ricostruzione va verificata la testimonianza di un altro dei sopravvissuti, Giovanni D’Aleo. “Ho lavorato fino alle 10 in quella vasca e tutto è filato liscio. Mi ha dato il cambio mio cugino Giuseppe Miraglia. Poi è successo qualcosa di imprevisto”, ha raccontato il 44enne operaio scampato alla strage.

Il contratto di appalto stipulato tra Amap e la Quadrifoglio group prevedeva che l’aspirazione dei liquami che da tempo infestavano la zona di cattivo odore, avvenisse dalla superficie attraverso un autospurgo e che il personale non scendesse sotto terra. Questo spiega perché – come rilevato dai vigili del fuoco intervenuti sul posto – nessuna delle vittime indossava la mascherina né aveva il gas alert, un apparecchio che misura la concentrazione dell’idrogeno solforato.

Gli inquirenti della squadra mobile, coordinati dal procuratore capo Ambrogio Cartosio, hanno sentito per tutta la notte il direttore dei lavori, un tecnico dell’Amap (la partecipata del Comune di Palermo che è stazione appaltante). Nel fascicolo per omicidio colposo, aperto lunedì dalla procura, non sono ancora iscritti indagati
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