
Il governo Meloni ha bloccato la legge per mantenere l’acqua pubblica in Puglia, suscitando la rabbia del governatore Michele Emiliano, che ha accusato il governo di voler privatizzare l’Acquedotto Pugliese. Emiliano ha minacciato di organizzare uno sciopero generale e una grande manifestazione, coinvolgendo sindaci, associazioni ambientaliste e il Comitato per l’acqua pubblica, sostenendo che la gestione dell’acqua deve rimanere pubblica. Ha definito la mossa del governo un “atto di guerra” contro i cittadini pugliesi e italiani, criticando l’impugnazione della legge regionale che assegna la gestione dell’acquedotto all’Aip, una società in house.
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Michele Emiliano ha spiegato che il Consiglio dei ministri ha utilizzato un parere dell’Autorità della concorrenza, che ha dichiarato la norma incostituzionale senza che nessun ministero avesse identificato effettivi profili di incostituzionalità. Il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha espresso preoccupazione, temendo che questo possa essere il primo passo verso la privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese, che è il più grande d’Europa e uno dei pochi gestori efficienti nel Sud Italia. Paolo Carsetti del Forum ha sottolineato l’importanza di mantenere l’acquedotto pubblico per evitare che diventi un’azienda appetibile per la privatizzazione.
Il governo Meloni blocca la legge per salvare l’acqua pubblica in Puglia
Emiliano ha affermato che la legge regionale sull’acqua pubblica, approvata all’unanimità e con il supporto dei comuni, è stata impugnata per favorire la privatizzazione dell’acquedotto. Ha ricordato che la legge permette ai comuni di partecipare al capitale sociale dell’azienda fino al 20%. Anche Fabiano Amati, consigliere regionale di Azione, ha criticato l’impugnazione, definendola un depistaggio e sostenendo che le eccezioni sollevate sono basate su valutazioni errate. Amati ha chiesto rapide modifiche alla legge per eliminare ogni pretesto e mantenere l’obiettivo della gestione pubblica del servizio idrico integrato.
Francesco Boccia, presidente dei senatori PD, ha accusato il ministro Roberto Calderoli di aver ignorato norme incostituzionali in altre regioni, ma di essere intervenuto sull’acqua pubblica con l’intenzione di privatizzarla. Il ministro Raffaele Fitto ha risposto ricordando che nel 2000 aveva combattuto per mantenere l’acquedotto pubblico e ha minimizzato le accuse di guerra, sostenendo che il parere dell’Autorità garante della concorrenza evidenzia chiaramente le ragioni dell’incostituzionalità della legge.