
Stordita con una dose massiccia di sonniferi, poi caricata in auto e infine gettata da un cavalcavia che si affaccia sull’autostrada A4, a un chilometro dalla casa di Vigonza (Padova) dove Giada Zanola abitava con il compagno Andrea Favero (in carcere con l’accusa di omicidio) e il figlioletto di tre anni. Questa l’ipotesi che al momento emergerebbe dalle indagini della Squadra Mobile: a casa della giovane mamma bresciana e del compagno sono state trovate alcune boccette di un farmaco venduto in farmacia con ricetta medica per il sonno. Si tratta di medicinali che nessun medico aveva prescritto alla donna e che invece pare fossero prescritti proprio all’uomo che li avrebbe comprati e portati a casa.
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Le boccette vuote di psicofarmaci sequestrate in casa della coppia contenevano gli stessi elementi rinvenuti nel corpo della vittima durante l’autopsia. Si tratta di benzodiazepine, emerso dagli esami tossicologici condotti dal medico legale insieme all’autopsia. Un ulteriore indizio che avvalora l’ipotesi della premeditazione dell’omicidio. L’autopsia ha confermato che Giada era viva quando è stata gettata dal cavalcavia e poi investita da veicoli in transito. Questa ipotesi è corroborata dalle confidenze fatte da Giada ad alcune amiche, in cui esprimeva il timore di essere avvelenata da Favero, con il quale aveva frequenti liti sulla fine della loro relazione.

Andrea Favero, attualmente in carcere con l’accusa di omicidio, sostiene di non ricordare l’accaduto, menzionando solo una lite avvenuta prima che Giada si allontanasse a piedi verso il cavalcavia. Ha dichiarato che la lite riguardava il figlio e che, dopo averla seguita in auto, i ricordi diventano confusi. La Procura potrebbe aggiungere l’aggravante della premeditazione, una volta verificate ulteriori circostanze e se si conferma che anche Favero abbia assunto lo stesso farmaco. “Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia. Io ho preso l’auto e l’ho seguita raggiungendola dopo pochi metri da casa e facendola salire per portarla a casa. Continua va a dire che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere. A quel punto ricordo che siamo scesi dall’autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano” ha sostenuto l’indagato dopo l’arresto.