
Nel tardo pomeriggio di giovedì 11 luglio è stato arrestato Giacomo Bozzoli, il 39enne in fuga da 11 giorni dopo la condanna in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario e la distruzione del suo cadavere nel forno della fonderia a Marcheno in provincia di Brescia l’8 ottobre 2015. Era nella villa di famiglia dopo una breve latitanza. I carabinieri l’hanno scoperto per un errore fatale, nascosto nel cassettone del letto, in mutande e con 50 mila euro in contanti.
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Come riportato dal Corriere della Sera i militari, che avevano imbottito la casa di cimici, hanno sentito una conversazione sospetta e sono entrati nell’abitazione. «Lo hanno trovato nascosto in un cassettone del letto matrimoniale, con a fianco un borsello contenente 50 mila euro» ha detto il procuratore Francesco Prete, che ha chiarito come abbia fatto ritorno in Italia: con auto prese a noleggio. Giacomo, con la barba non fatta da 10 giorni, non ha opposto resistenza. Alle 18.47, è stato fatto uscire dal retro della villa per essere portato nel comando provinciale dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato a Brescia, per l’interrogatorio. In serata Bozzoli passerà la sua prima notte nel sovraffollato carcere di Canton Mombello.
Ci sarebbe, però, un testimone austriaco che scagionerebbe Giacomo Bozzoli dall’accusa di aver ucciso lo zio Mario gettandolo nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l’8ottobre 2015. È quanto ha detto il diretto interessato ribadendo la sua innocenza, al procuratore Francesco Prete, annunciando anche di avergli inviato una lettera – in copia anche al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente della prima sezione penale Roberto Spanò, il primo giudice che lo ha condannato – che però nessuno ha ancora ricevuto.

L’errore fatale
Secondo il procuratore, quello di Bozzoli è stato un finale drammatico “ma anche quasi ridicolo”. Era rannicchiato nel cassettone del letto, disperato e in lacrime. “Fatemi vedere mio figlio, vi prego”, diceva ai carabinieri. Era in mutande e aveva con sé un borsello con cinquantamila euro in contanti.
La sua latitanza è durata 11 giorni e l’ultima che era stato visto, in compagnia della moglie e del figlio di 9 anni, era il 30 giugno a Marbella, nell’hotel Hard Rock. Dopodiché aveva fatto perdere completamente le sue tracce. La moglie ed il figlio erano tornati in Italia il 4 luglio, arrivando in treno alla stazione di Milano Centrale. Ascoltata per due volte dagli inquirenti, la compagna Antonella Colossi aveva negato di sapere dove si trovasse il marito. Stessa versione anche per il figlio, ascoltato in audizione protetta il 10 luglio in Procura con il supporto di psicologi forensi e che aveva confermato la versione fornita da mamma Antonella.
Gli inquirenti avevano iniziato a seguire diverse piste investigative: attraverso la sala operativa internazionale dell’Interpol e della Criminalpol, stavano estendendo le ricerche anche in Sud America e nelle Isole di Capo Verde. Resta da capire quando e in che modo abbia fatto ritorno nella casa di famiglia, probabilmente ascoltando i tanti appelli dei parenti che lo invitavano a costituirsi.
Caccia ai complici
Secondo il procuratore, Bozzoli era tornato in Italia 3-4 giorni dopo la compagna Antonella e sarebbe arrivato a casa nella notte di mercoledì. Ma è verosimile che possa essere entrato nella sua villa senza che nessuno se ne accorgesse? O potrebbe essere rientrato molto prima, già il 5 luglio, il giorno del ritorno della sua compagna con il figlioletto di 9 anni.
L’obiettivo degli inquirenti è ora quello di trovare eventuali complici che possano aver aiutato Bozzoli a progettare e realizzare la fuga. E a tornare a casa sua nel Bresciano.