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Omega Centauri, la galassia inghiottita dalla Via Lattea

Pubblicato: 12/07/2024 12:31

La ricerca di buchi neri di dimensioni intermedie ha impegnato per molto tempo la comunità scientifica, poiché permetterebbe di provare una delle più importanti teorie riguardo alla formazione e all’evoluzione delle galassie. Secondo questa teoria, le galassie nascerebbero intorno a un buco nero che diventa via via più grande e si espanderebbero inglobando al loro interno galassie più piccole.
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Il candidato più promettente era Omega Centauri, fino ad ora ritenuto un ammasso globulare (una raccolta sferica e molto vecchia di stelle così addensate le une alle altre da diventare impossibile distinguerle singolarmente), ma che potrebbe invece essere il nucleo di una galassia inghiottito milioni di anni fa dalla Via Lattea. I nuovi risultati che mettono in dubbio la vera natura di Omega Centauri ci portano a ritenere che, più che un semplice ammasso globulare, esso contenga al suo interno, nella regione più densa e quindi più difficile da osservare, un buco nero di tali dimensioni.

Il motivo per cui siamo in grado di osservare questo fenomeno si rifà all’idea che, dal momento in cui venne inglobata dalla nostra galassia, la sua evoluzione, e quindi anche la crescita del suo buco nero, sia rimasta “congelata nel tempo”.

Omega Centauri

Omega Centauri: la ricerca

Recentemente abbiamo avuto le prime prove che confermano questa teoria, grazie al progetto di ricerca iniziato nel 2019 da Nadine Neumayer, capo gruppo al Mpia, e Anil Seth, dell’Università dello Utah. Utilizzando un database di immagini del telescopio Hubble, in principio raccolte per calibrare gli strumenti del satellite, si è riusciti a individuare 7 stelle nella regione centrale di Omega Centauri (su un campione di 1,4 milioni di stelle e 500 immagini) che presentano una velocità e direzione particolarmente elevata.

Come spiega Maximilian Häberle, studente di dottorato presso il Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg (Germania) e primo autore dello studio, “Si muovono così velocemente che dovrebbero sfuggire all’ammasso e non tornare mai più. La spiegazione più probabile è che un oggetto molto massiccio stia attraendo gravitazionalmente queste stelle mantenendole vicine al centro”. La tesi è dunque che al centro dell’ammasso globulare, o a questo punto della piccola galassia, si trovi un buco nero di dimensioni intermedie la cui massa si stima di 8.200 masse solari, rendendolo così il buco nero più vicino a noi (a 18mila anni luce rispetto ai 27mila del buco nero centrale della Via Lattea, Sagittarius A*).

L’importanza di questa scoperta sta nel fatto che fino ad oggi siamo riusciti a trovare buchi neri solo di dimensione stellare (20-25 masse solari) o super massicci, come Sagittarius A* (4,3 milioni di masse solari). Trovare buchi neri di tale dimensione, invece, si riteneva estremamente difficile, questo perché con gli strumenti di cui disponiamo attualmente non è possibile osservare con sufficiente precisione le galassie nane esterne alla nostra; la Via Lattea ha invece superato quella fase, contenendo ora buchi neri centrali molto più grandi.

I risultati di questo progetto hanno permesso di dare risposta al dibattito riguardo la presenza o meno del buco nero al centro di Omega Centauri offrendo il miglior candidato finora a buco nero di massa intermedia. Saranno le osservazioni successive a determinare come le stelle accelerano e curvano le loro orbite. Queste verranno effettuate utilizzando il telescopio James Webb e strumenti che al momento sono in costruzione, come GRAVITY+ sul Very Large Telescope dell’ESO e MICADO del futuro Extremely Large Telescope, che potrebbero individuare le posizioni stellari in modo ancora più accurato di Hubble. Una sfida per le future generazioni di astronomi.

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Ultimo Aggiornamento: 12/07/2024 12:37

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