
Nel giorno del 32esimo anniversario della strage di via D’Amelio, avvenuta il 19 luglio del 1992 a Palermo, che provocò la morte di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, risuonano fortissimo le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che punta il dito contro i “depistaggi” che finora hanno impedito di scoprire la verità sui mandanti occulti dell’omicidio del magistrato e dei membri della sua scorta.
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“La tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. – ricorda Sergio Mattarella – Con atti spietati di guerra, si voleva piegare lo Stato e sottomettere la società. Le Istituzioni e i cittadini lo hanno impedito. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi”.

Le inquietanti dichiarazioni di Mattarella sui depistaggi
“Il primo pensiero è rivolto ai familiari dei caduti, al loro infinito dolore, alla dignità con cui, a fronte della disumana violenza mafiosa, hanno saputo trasmettere il senso del bene comune e hanno sostenuto la ricerca di una piena verità sulle circostanze e i mandanti dell’attentato. Questa ricerca è stata ostacolata da depistaggi. – ecco la grave accuse del presidente della Repubblica – Il cammino della giustizia ha subito tempi lunghi e questo rappresenta una ferita per la comunità. Il bisogno di verità è insopprimibile in una democrazia e dare ad esso una risposta positiva resta un dovere irrinunciabile”.
“Paolo Borsellino, e con lui Giovanni Falcone, hanno inferto con il loro lavoro colpi decisivi alla mafia. Ne hanno disvelato trame e dimostrato debolezze, lasciando un’eredità preziosa, non soltanto per indagini e processi. Hanno insegnato che la mafia si batte anche nella scuola, nella cultura, nella coerenza dei comportamenti, nel rigore delle Istituzioni, nella vita sociale. Questi insegnamenti continuano a segnare il dovere della Repubblica”, conclude il Capo dello Stato.