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Orrore all’asilo nido: bimbi lasciati piangere per ore, chi si faceva la pipì addosso non veniva cambiato. Tre maestre arrestate

Pubblicato: 24/07/2024 18:54

Un’ombra oscura si è abbattuta su Vangano, dove le mura di un asilo privato nascondevano una realtà inquietante e dolorosa. Le voci soffocate dei più innocenti, bambini dai sei mesi ai tre anni, erano ridotte a semplici lamenti ignorati, e la loro sofferenza quotidiana emerge ora in tutta la sua crudezza grazie alle intercettazioni telefoniche che hanno portato all’arresto della titolare e di due maestre.

“Tutti i bambini che piangevano, lei (la titolare, ndr) che mi diceva ‘fa niente, lasciali piangere’, un bambino che era per la prima volta senza la mamma quindi aveva bisogno proprio di silenzio, tranquillità e coccole, noi l’abbiamo dovuto lasciar piangere…Io sono stata con bambini che piangevano fino a quando se ne sono andati a casa”, racconta una delle educatrici intercettate. Queste parole, strazianti nella loro semplicità, rivelano una crudeltà sistematica che ha segnato profondamente la vita di 35 bambini, vittime di abusi fisici ed emotivi.

Le indagini della procura di Milano, coordinate dalla pm Maria Cardellini e dal gip Giulio Fanales, hanno portato alla luce un elenco scioccante di offese e maltrattamenti. Espressioni come “hai rotto le scatole” e “fai proprio schifo” erano rivolte ai piccoli ospiti, mentre azioni ancora più gravi venivano perpetrate quotidianamente: strattonamenti, orecchie tirate, e bambini confinati al buio, isolati sui seggioloni o nella sala nanna. Questi piccoli, che avrebbero dovuto trovare un rifugio sicuro e amorevole, venivano invece lasciati a piangere per ore, trascurati nei loro bisogni più basilari.

Un bambino particolarmente vulnerabile, alla sua prima esperienza senza la mamma, avrebbe avuto bisogno di coccole e tranquillità. Invece, è stato costretto a piangere fino allo sfinimento, ignorato e trascurato. I bambini che facevano pipì addosso venivano lasciati sporchi, umiliati ulteriormente dalla mancanza di attenzione e cura.

L’ordinanza del giudice evidenzia come nei due mesi di monitoraggio si sia osservata una gestione “generalmente approssimativa e poco professionale”, indirizzata più a mostrare un’apparenza di attività ludiche per i genitori che a garantire il benessere e l’educazione dei bambini. Le attività educative duravano solo il tempo necessario per scattare una foto da postare sui social, un’immagine ingannevole che nascondeva la crudele realtà di un luogo di sofferenza.

Questa vicenda rappresenta un tradimento insopportabile della fiducia che i genitori ripongono nelle strutture educative e nelle persone che dovrebbero prendersi cura dei loro figli. I piccoli, che hanno subito queste violenze, porteranno con sé le cicatrici emotive di questa esperienza per molto tempo. È una ferita profonda che colpisce non solo le famiglie coinvolte, ma l’intera comunità.

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