
“Basta, mi sento male. Fa male. Dio, perchè?”. Questo uno degli estratti della cassetta pubblicata dal Fatto Quotidiano, al quale è stato concesso da Pietro Orlandi di ascoltare la voce di quella che potrebbe essere Emanuela. Il padre, che aveva avuto l’occasione di ascoltare la registrazione, aveva detto di aver riconosciuto proprio la figlia in quelle parole disperate, soprattutto in un passaggio dove la si sente dire: “Per favore, mi lasci dormire adesso?”.
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Una registrazione che getta nuove, pesanti ombre su uno dei casi più misteriosi e discussi nella storia del nostro Paese. Proprio ora che il caso è stato riaperto: tre procure stanno indagando sulla scomparsa della 15enne: quella romana, quella vaticana e la commissione bicamerale d’inchiesta.
ll 17 luglio del 1983, a meno di un mese dalla scomparsa di Emanuela Orlandi (22 giugno 1983), la cassetta era stata spedita in via della Dataria, presso la sede dell’Ansa. Quattro giorni prima, un’altra registrazione era stata lasciata sotto il colonnato di San Pietro dai presunti rapitori e prelevata dai funzionari vaticani.
Sul lato A si sentono delle voci maschili che chiedono la liberazione dell’attentatore del Papa Alì Agca in cambio di Emanuela, nel lato B si sente la voce di una ragazza che prova dolore e si lamenta. All’epoca, il nastro era stato ascoltato dal padre e dagli agenti del Sismi, che in un rapporto avevano sottolineato come la ragazza sembrava “sottoposta a stimolazioni dolorose di intensità variabile e progressivamente crescente”.