Continua a preoccupare, e non poco, il vulcano dei Campi Flegrei che, negli ultimi mesi di attività, ha rivelato segni di un progressivo accumulo di magma a profondità sempre più superficiali: da circa sei chilometri fino a un minimo di quattro. Sempre più vicino a Napoli quindi. Una scoperta compiuta dagli scienziati dell’Ingv (Istituto nazionale Geofisica e Vulcanologia) nell’ultima analisi effettuata insieme all’Università degli Studi Roma Tre e a quella di Ginevra, in Svizzera.
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Nel corso di questo studio è stato mappato il movimento del magma nelle profondità della caldera, nell’arco temporale che va dal 2007 al 2023, cioè la data di inizio della nuova fase bradisismica del vulcano che è ancora in fase di svolgimento.
L’allarme degli esperti
Dallo studio è emerso che, spiegano dall’Ingv, “l’ascesa del magma a profondità inferiori a 8 km è il motore principale dell’attività in corso, caratterizzata da un lento e costante sollevamento del suolo, che ha raggiunto circa 1,3 metri al Rione Terra di Pozzuoli dal 2006 a oggi”, contribuendo così all’aumento dell’emissione di gas magmatici nei Campi Flegrei, in particolare nell’area della Solfatara.
“Lo studio stabilisce per la prima volta che il magma, in risalita dagli 8 km, è il motore principale dell’attività in corso ai Campi Flegrei. – spiega Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e coautore dello studio – Sebbene al momento non ci siano segnali imminenti di eruzione, il continuo accumulo di magma e l’aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che non deve essere ignorato. Non ci sono ragioni per ritenere che l’attività magmatica non stia ancora proseguendo come definito nello studio. Siamo costantemente in contatto con la Protezione Civile per garantire che ogni più piccolo sviluppo venga seguito con la massima attenzione”.