Nel corso della puntata di venerdì 20 settembre, il programma Quarto Grado in onda su Rete 4 ha mostrato un documento esclusivo su Filippo Turetta, responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchetin. Nel corso della trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi con Alessandro Viero sono stati mostrati gli stralci dell’interrogatorio sull’omicidio di Giulia Cecchettin con gli inquirenti nel carcere di Verona il 1° dicembre 2023.
Leggi anche: Verona, Alessandra Spiazzi uccisa a colpi di arma da fuoco in casa: gravissimo il figlio di 15 anni
Leggi anche: Shangai, attacco con coltello in un supermercato: 3 morti
A pochi giorni dall’inizio del processo a Filippo Turetta, reo confesso per la morte dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, per la prima volta è andato in onda a Quarto Grado il video dell’interrogatorio (durato circa 7 ore), avvenuto il 1° dicembre 2023, nel carcere di Verona Montorio, durante il quale il ragazzo ha raccontato agli inquirenti tutti i dettagli dell’omicidio.
Le dichiarazioni
“Non avrei mai pensato di farle questo, ecco, ho preso la macchina, l’ho caricata in macchina e poi siamo partiti…ho provato a scuoterla, a urlarle a voce ma non rispondeva…” ha dichiarato Turetta. Mai una lacrima, lo sguardo rivolto spesso verso terra, lunghe pause segnano questo interrogatorio con il ragazzo dimagrito rispetto alle foto che lo ritraevano prima della tragedia e diffuse quando gli inquirenti cercavano di localizzarlo.
Turetta ha spiegato di aver inseguito Giulia dopo che quest’ultima era scesa fuggendo dalla macchina per chiedere aiuto: “Ho preso un coltello… un altro coltello… dal sedile del passeggero. Entrambi li avevo presi prima e ho iniziato a rincorrerla. Ero sempre più vicino a lei e non so se io l’abbia un po’ spinta o se lei sia inciampata correndo. È caduta, mi sono abbassato sopra di lei… lei continuava ovviamente a urlare ‘aiuto’. Ho iniziato a colpirla con il coltello e le ho dato, non so, una decina, 12, non so… comunque diversi colpi col coltello. Volevo colpire il collo, sopra il collo, sulle spalle e poi sulla testa… cioè, sulla faccia… e poi sulle braccia. Era rivolta verso di me”.
E ancora. “Si proteggeva dove la stavo colpendo, sul collo e sul volto, in generale si copriva con le braccia. Si stava un po’ proteggendo e chiudendo e potrei anche averla colpita sulla nuca. Sicuramente, l’ultima coltellata che le ho dato era tipo nella zona vicino all’occhio. Ho smesso subito… non avrei dovuto colpirla in certi punti… un po’ perché mi ero accorto che le avevo dato una coltellata sull’occhio, e la cosa mi faceva troppo senso, e quindi ho smesso… pensavo non ci fosse più…”. “Non avrei mai pensato di farle questo. Ho spento il suo cellulare, non riuscivo a trovarlo: ho provato a scuoterla… a urlarle, ma non rispondeva. Ho gettato il coltello e il suo telefono. A poca distanza da Fossò mi sono accorto che stavo sporcando un po’: ho guardato e ho visto che mi usciva un po’ di sangue. Mi ero reso conto di quello che avevo fatto… volevo allontanarmi il più possibile”.
La fuga
“Aveva in mente un luogo, una destinazione?”, gli chiedono: “In realtà no, avevo pensato di allontanarmi verso la montagna. Avevo cercato un luogo abbastanza isolato, sia per nasconder il corpo e per magari provare a suicidarmi. Oppure per pensare a cosa fare, come fare, e poi sono arrivato lì, dove è stata trovata. Mi sono fermato in mezzo alla strada. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, anche dopo averlo legato con lo scotch, ma non sono riuscito. L’ho strappato all’ultimo. Non sono molto coraggioso… anche i giorni successivi ci provavo, ma rimandavo sempre la cosa a ore dopo, al giorno dopo. L’ho presa e ho iniziato a nasconderla: era dietro, non sui sedili, sugli spazi dietro nella macchina. Non riuscivo… poi cadeva… e allora l’ho messa in quella zona dove è stata trovata… in quel punto, che non volevo venisse rovinato… che fosse nelle migliori condizioni”.
“Volevo rallentare, magari un pochino, ‘che venisse trovata… A sera sono arrivato alla strada che portava a Salisburgo, poi anche a Monaco e nella notte sono arrivato… ho guidato tutto il giorno. Avevo un pacchetto di patatine in macchina e una scatola con qualche biscotto. Sono andato poi verso Berlino, ho guidato fino a una stazione di servizio, dove ho cercato notizie di quello che riguardava noi. Avevo letto delle notizie dei miei genitori, che speravano di trovarmi ancora vivo. Sono andato con la macchina dove ci sono gli SOS per provare a chiamare la polizia, ma mentre lo stavo facendo è arrivata una macchina della polizia e gli ho detto di arrestarmi e tutto il resto, dopo”.