Il recente intervento di Rita Dalla Chiesa nel programma televisivo Tango su Rai Due ha riacceso i riflettori su uno dei capitoli più dolorosi e controversi della storia italiana: l’omicidio di suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto a Palermo il 3 settembre 1982. In quella tragica serata, il generale, allora prefetto di Palermo, venne assassinato in un agguato di stampo mafioso insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, e all’agente di scorta Domenico Russo.
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Durante la trasmissione, pur senza fare nomi espliciti, Rita Dalla Chiesa ha lasciato intendere che il riferimento era a Giulio Andreotti, chiamando indirettamente in causa l’ex presidente del Consiglio per le sue presunte responsabilità politiche o morali in relazione all’omicidio del padre. Si tratta di un’accusa che, sebbene mai esplicitata fino in fondo, riporta alla luce un vecchio dibattito che lega la morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa agli intricati rapporti tra Stato e mafia durante gli anni di piombo.
Le parole di Stefano Andreotti: “Non è la prima volta”
Non ha tardato ad arrivare la risposta di Stefano Andreotti, figlio di Giulio Andreotti, intervistato dall’AdnKronos. “Non è la prima volta che accusano mio padre per quel delitto”, ha esordito Andreotti junior, ricordando come anche in passato ci fossero stati riferimenti simili da parte della famiglia Dalla Chiesa. “Il fratello di Rita, Nando, racconta queste cose dagli anni ’80, e ora la sorella torna su questa linea”.
Stefano ha voluto ribadire che tali affermazioni sono prive di fondamento, citando le numerose assoluzioni che Giulio Andreotti ha ottenuto nei processi che lo vedevano imputato di collusioni con la mafia, sia a Palermo che a Perugia. “A qualcuno non sono mai andate giù quelle sentenze”, ha sottolineato, facendo riferimento alle critiche persistenti che hanno continuato a gettare ombre sulla figura del padre, nonostante la giustizia lo abbia scagionato.
“Nessuna querela: mio padre non lo avrebbe fatto”
Nonostante la gravità delle insinuazioni, Stefano Andreotti ha scelto di mantenere una posizione conciliante, optando per una difesa morbida. “Anche se ci fossero gli estremi per un’azione giudiziaria, non lo faremo. Mio padre non ha mai querelato nessuno”. Con queste parole ha voluto sottolineare la coerenza con l’approccio che Giulio Andreotti avrebbe adottato, improntato a una certa distanza dalle polemiche e al rispetto delle opinioni altrui, anche quando ingiuste.
Stefano ha però espresso una certa ironia nei confronti della dichiarazione di Rita Dalla Chiesa che, durante la trasmissione, ha affermato di non voler fare nomi per “rispetto dei familiari” di Giulio Andreotti: “Meno male che ha detto di volerci rispettare, altrimenti non so cosa sarebbe uscito”. E ha aggiunto, con una punta di amarezza: “Se parliamo di rispetto per le famiglie, allora davvero mio padre ha dimostrato grande rispetto nei confronti della famiglia Dalla Chiesa”.
Gli incontri tra Giulio Andreotti e Carlo Alberto Dalla Chiesa
Per sgomberare il campo dalle supposizioni sui presunti conflitti tra il padre e il generale Dalla Chiesa, Stefano Andreotti ha voluto riportare alla luce un episodio inedito, raccontato dal giornalista Luigi Bisignani, testimone di un incontro riservato tra Giulio Andreotti e Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto nei primi anni ’80 negli uffici di Andreotti a San Lorenzo in Lucina, Roma. Durante quell’incontro, secondo Bisignani, Dalla Chiesa avrebbe confidato a Giulio Andreotti le sue difficoltà personali e, in lacrime, gli avrebbe parlato del suo difficile rapporto con il figlio Nando, attivo nei movimenti della sinistra extraparlamentare durante gli anni della contestazione.
“Mio padre non ha mai usato questo tipo di informazioni contro di loro”, ha affermato Stefano, sottolineando la discrezione con cui Giulio Andreotti ha sempre trattato questioni personali riguardanti la famiglia Dalla Chiesa, anche in momenti di grande tensione politica e sociale.
Scontri e frizioni tra Andreotti e Dalla Chiesa
Uno degli aspetti più controversi delle ricostruzioni storiche è rappresentato dalle ipotesi di scontri tra Giulio Andreotti e Carlo Alberto Dalla Chiesa, con particolare riferimento al delicato periodo del rapimento Moro e alla gestione dell’emergenza terrorismo. Tuttavia, Stefano Andreotti ha voluto smentire con fermezza queste ricostruzioni: “Non ci furono mai scontri tra loro, i rapporti furono sempre ottimi”.
Ha inoltre ricordato come suo padre avesse grande fiducia nel generale, tanto da volerlo a capo del nucleo speciale anti-terrorismo, un incarico che consentì a Dalla Chiesa di ottenere risultati significativi nella lotta contro le Brigate Rosse. “Fu grazie a quell’incarico che mio padre gli conferì poteri straordinari, che permisero di fare importanti progressi contro il terrorismo”, ha precisato Stefano Andreotti.
Negli anni successivi al 1979, Giulio Andreotti rimase fuori dai governi, per poi rientrare solo nel 1983 come ministro degli Esteri nel governo Craxi. Durante quel periodo, ha ricordato Stefano, Dalla Chiesa continuò a mantenere rapporti cordiali con Andreotti, “passava a Roma e chiedeva di incontrarsi per scambiarsi idee e confrontarsi. Erano incontri tra persone che si stimavano a vicenda”, ha concluso.
Le lettere ai figli: il giuramento davanti a Dio
Stefano Andreotti ha voluto concludere il suo intervento con un ricordo personale, legato alle lettere che Giulio Andreotti lasciò ai figli, da leggere dopo la sua morte, avvenuta il 6 maggio 2013. “Mio padre se ne è andato sereno, aveva una fede vera”, ha raccontato Stefano. In quelle lettere, lette dalla famiglia la sera stessa della scomparsa, Giulio Andreotti scriveva: “Io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la mafia, se non per combatterla, né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli”.