Il figlio di Giulio Andreotti, Stefano, ha scritto una lunga lettera, pubblicata su Il Tempo dal direttore Tommaso Cerno, in cui nega con decisione che suo padre abbia mai avuto rapporti amichevoli con la mafia o sia stato implicato nell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Circostanza adombrata nuovamente dalla figlia del generale, Rita, durante la trasmissione Rai Tango. Il giorno successivo il quotidiano romano pubblica in esclusiva alcuni stralci del diario del Divo Giulio in cui sono contenute alcune importanti rivelazioni anche sul suo rapporto con Giovanni Falcone.
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“Gli scritti che pubblichiamo sono estrapolati dal diario dello statista, datati 17 settembre 1986. – si legge su Il tempo – Scritti che evidenziano il rapporto di stima e fiducia che intercorrevano tra il politico democristiano e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (e tra lui e Falcone e Borsellino)”.
Le nuove rivelazioni contenute nel diario di Andreotti
“Viene formalmente il giudice Falcone con un sostituto procuratore (Paolo Borsellino, ndr). – scrive Andreotti nel suo diario dopo l’incontro con Falcone e Borsellino – La signora Setti Carraro ha riferito che dopo una telefonata anonima che parlava di altre possibili piste (libiche?) per la morte di Emanuela è venuta a trovarmi ed avrebbe da me saputo che il generale aveva collaboratrici femminili anche durante la prefettura a Palermo e che Emanuela era coinvolta in questa sua attività. Letto da Falcone quanto verbalizzato da Antonietta Setti Carraro rilevo che vi sono alcune imprecisioni. Il generale Dalla Chiesa fu incaricato durante il mio governo (1977) di sovrintendere alle carceri per bloccare il fenomeno delle evasioni che erano numerosissime. Mi disse che qualche volta gli erano state utilissime anche donne, non so se all’interno delle prigioni o fuori”.
“L’anno successivo, in pendenza di un aggravarsi del terrorismo, in una riunione presso di me a Merano con Cossiga (Interno) e Ruffini (Difesa) prese vita l’Unità speciale, affidata a Dalla Chiesa, con il compito di combattere il terrorismo, senza troppi condizionamenti di competenze burocratiche. – racconta ancora Andreotti – I risultati furono molto buoni, ma per gelosie e spirito di corpo forti erano le pressioni perché l’Unità fosse soppressa. Resistetti e anche andato via io (fine luglio 1979) si prorogò per un certo tempo l’Unità. Scrissi al generale rallegrandomi e mi rispose con una lettera nella quale si evinceva il suo alto patriottismo. Ho consegnato le due fotocopie”.
L’incontro con Dalla Chiesa
“Nel 1982 (circa) il generale venne a dirmi che gli era stata offerta, e stava per assumerla, la prefettura di Palermo. – prosegue l’ex leader della Dc – Il generale quando era a Palermo è venuto alcune volte a salutarmi, ma mai io l’ho invitato o convocato. Era un saluto che faceva quando passava per Roma. Accenno alla P2. I giudici palermitani hanno con carità patria sorvolato sull’adesione di Dalla Chiesa (e non ha fatto due righe di cautela, per dire che si iscriveva per avere informazioni). Certe forze in Sicilia passano attraverso tutti i partiti (io dico Portella della Ginestra)”.