Filippo Turetta, imputato per il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha chiesto direttamente di essere interrogato davanti alla Corte d’Assise di Venezia. La richiesta è stata avanzata all’ufficio matricola, esprimendo la sua volontà di ricostruire quanto accaduto l’11 novembre 2023, quando la giovane Giulia è stata brutalmente uccisa con 75 coltellate, il suo corpo abbandonato in un dirupo.
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Il processo rapido
Secondo il suo avvocato, Giovanni Caruso, questa è una scelta consapevole: “Sa di dover rendere conto di ciò che ha fatto al suo giudice, alla comunità e alle persone offese. Anche per onorare la memoria di Giulia“. Il legale ha inoltre sottolineato che Turetta sarà presente nelle udienze fissate per il 25 e il 28 ottobre, di fronte al collegio presieduto da Stefano Manduzio.
L’udienza del processo, iniziata ieri senza la presenza dell’imputato, sarà rapida, con sei sessioni in totale, e la sentenza prevista per il 3 dicembre. Il rito immediato è stato scelto per garantire celerità al procedimento, un obiettivo condiviso da tutte le parti coinvolte. La difesa ha rinunciato a numerose prove testimoniali e all’esame della consulente medico-legale, considerata superflua.
Le accuse contro Turetta
Turetta è accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, sequestro di persona e porto d’armi. Per questi reati, rischia l’ergastolo, anche se il suo legale non esclude la possibilità di una condanna a trent’anni, considerata l’età del giovane, 22 anni. Caruso ha dichiarato che “fare in fretta è anche nell’interesse dell’imputato”, aggiungendo che la giustizia riparativa potrebbe essere valutata in futuro.
Sul piano giuridico, uno degli aspetti più rilevanti sarà la discussione sull’accusa di premeditazione. “Possiamo discutere sulla premeditazione”, ha affermato l’avvocato Caruso, specificando che Turetta sta affrontando un percorso personale di consapevolezza del crimine commesso, anche se “maturare completamente il gesto è un’altra cosa”.
La richiesta di risarcimento della famiglia Cecchettin
La famiglia di Giulia Cecchettin ha presentato una richiesta di risarcimento danni per oltre due milioni di euro, con un milione richiesto dal padre Gino, 380 mila euro dal fratello Davide e una cifra simile dalla sorella Elena. Anche lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto hanno presentato richieste di risarcimento per 150 mila euro ciascuno.
Nel corso del processo, il pubblico ministero Andrea Petroni ha deciso di rinunciare a una lunga lista di testimoni, con l’obiettivo di accelerare il procedimento. Solo la famiglia di Giulia è stata ammessa come parte civile, mentre le richieste di costituzione avanzate da comuni e associazioni sono state escluse.
Il caso di Turetta ha suscitato profonde riflessioni sulla giustizia e sulla società. L’avvocato della difesa ha ribadito che l’imputato “non deve diventare il vessillo di una battaglia culturale contro la violenza di genere”, invitando a non trasformare il processo in uno strumento mediatico.
Anche il procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, ha sottolineato che il processo deve concentrarsi sulle responsabilità personali dell’imputato: “È un processo a Filippo Turetta, non al femminicidio”, precisando che si tratta di un accertamento delle responsabilità individuali, non di uno studio sociologico.
Il dolore della famiglia di Giulia
La nonna di Giulia, Carla Gatto, ha espresso il suo dolore in aula, affermando che Turetta avrebbe dovuto metterci la faccia: “Quello che è successo alla mia bambina è atroce, spero lui se ne renda conto”. La famiglia Cecchettin vive da otto mesi un dolore devastante, cercando di affrontare la sofferenza quotidiana.