Marina Pitta, attrice, regista e anima del teatro politico e sociale italiano, è morta oggi all’età di 75 anni. Una vita intera dedicata al teatro, tra palcoscenici e laboratori, al fianco del compagno di una vita, Gianfranco Rimondi, con il quale aveva fondato la compagnia Teatro Evento. La notizia della sua scomparsa ha lasciato un vuoto profondo nel panorama culturale e artistico, in particolare a Bologna, dove ha lasciato un segno indelebile.
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Una protagonista del teatro politico e sociale
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha espresso il suo dolore con un messaggio toccante: “Con grande dispiacere apprendo la notizia della scomparsa della regista Marina Pitta. Una grande artista, alla quale ero profondamente legato”. Lepore ha ricordato il loro rapporto, citando l’esperienza condivisa all’Accademia 96, una scuola di teatro nel quartiere Savena, dove Pitta e Rimondi avevano formato generazioni di giovani attori.
Insieme a Rimondi, Marina Pitta ha segnato la scena teatrale bolognese e nazionale. Teatro Evento, la compagnia che avevano fondato, non si limitava a portare in scena spettacoli, ma promuoveva anche un importante lavoro educativo e formativo, specialmente nelle scuole e nel sociale. I loro progetti spaziavano dall’insegnamento delle tecniche teatrali alla riflessione su tematiche sociali e politiche, portando il teatro a essere uno strumento di crescita e consapevolezza per le comunità.
In scena fino all’ultimo
Una delle ultime interpretazioni di Marina Pitta risale allo scorso febbraio, quando all’Oratorio di San Filippo Neri di Bologna aveva portato in scena “Mamma sono tanto felice…”, testo teatrale di Gianfranco Rimondi. Lo spettacolo esplorava la complessità del rapporto tra una madre e una figlia, mettendo in luce ancora una volta la grande capacità interpretativa di Pitta, che ha saputo emozionare e coinvolgere il pubblico.
La sua passione per la formazione e i giovani era evidente in ogni progetto. In uno dei suoi ultimi laboratori, rivolgendosi ai partecipanti, dichiarò: “Giocheremo con la fantasia, con la creatività, ma impareremo anche tecniche rigorose, autodisciplina, controllo del corpo e della vocalità. Non occorre una precedente preparazione: basta la voglia di seguire un percorso serio, ma nello stesso tempo divertente”. Le sue parole racchiudono l’essenza del suo metodo: fare teatro era una missione che richiedeva impegno, ma anche divertimento e collaborazione.
Il teatro italiano perde una figura che ha saputo unire arte e impegno sociale, trasmettendo ai giovani non solo l’amore per la scena, ma anche valori umani profondi.