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Denis Bergamini, l’ex fidanzata condannata a 16 anni: la sentenza 35 anni dopo la morte

Pubblicato: 01/10/2024 19:51

Trentacinque anni dopo la morte di Denis Bergamini, Isabella Internò è stata condannata in primo grado a 16 anni di carcere. Una sentenza che segna una svolta clamorosa in uno dei casi più discussi nella storia giudiziaria del nostro Paese: la donna è imputata di omicidio volontario in concorso con ignoti per la morte dell’ex fidanzato, il calciatore del Cosenza Donato Denis Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989, 35 anni fa.
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Dopo il ritrovamento del corpo del giocatore sulla statale 106, nei pressi del Castello di Roseto Capo Spulico, le prime indagini si erano chiuse all’epoca con l’ipotesi del suicidio. Il 27enne, secondo gli investigatori, si sarebbe tolto la vita lanciandosi sotto un camion. Il caso si era poi riaperto e gli inquirenti avevano seguito la pista dell’omicidio. “È stata fatta giustizia. Ora bisognerà processare anche il cugino di Isabella e sono già stati trasmessi gli atti in Procura per altri testimoni per falsa testimonianza”, ha detto l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini, alla lettura del dispositivo di condanna.

In aula erano presenti sia l’imputata, accanto ai suoi legali, Rossana Cribari e Angelo Pugliese, che la sorella di Denis, Donata Bergamini, con i figli Denis, Andrea e Alice. L’udienza era iniziata con le repliche di accusa e difesa e il primo a parlare era stato il procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio. “Bisogna confrontarsi sui fatti non sulle suggestioni – aveva detto – e nessuna pressione è stata fatta. Respingiamo fortemente qualunque tipo di allusione su comportamenti per legge meno che corretti. La Procura si è basata su fatti, prove, conclusioni”.

Nel corso della requisitoria il procuratore aveva sostenuto come Denis fosse stato soffocato e ucciso. Davanti al Tribunale si erano radunati anche i tifosi del Cosenza che avevano voluto manifestare la loro vicinanza alla famiglia di Donato Denis Bergamini con striscioni rossoblu e cori. La tifoseria, così come la famiglia del giocatore, non aveva mai creduto alla tesi del suicidio.

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