
Negli ultimi anni il loro uso è diffusissimo, tutti quanti non ne possiamo fare a meno, anche perché le batterie dei nostri smartphone durano pochissimo e sono soggette a un continuo sovraccarico e sovrautilizzo. Parliamo delle power bank, ovvero le ricariche per cellulari portatili. Eppure, a quanto pare, è come se tutti quanti avessimo in tasca una bomba.
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Il caso è di nuovo scoppiato dopo che una power bank è esplosa nello zaino di uno studente quindicenne del secondo anno della sezione L dell’istituto alberghiero Amerigo Vespucci di Milano. Prima un boato, poi una vampata di fuoco. Attimi di panico, qualche grido, il fumo che invade l’aula. La paura coinvolge immediatamente gli oltre mille ragazzi e ragazze che frequentano l’istituto, in via Valvassori Peroni, a ridosso della ferrovia di Lambrate. Molti si precipitano fuori dalle aule. E pensare che ad esplodere sia stato un oggetto così comune e in possesso di centinaia di ragazzini.
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Da qui l’allarme, e i tanti interrogativi su questi dispositivi. Come racconta Lorenzo Rotella su La Stampa, “c’è chi fa fatica a respirare e chi inizia a tossire. Le finestre vengono spalancate, mentre l’alunno prende il suo zaino ancora fumante e si precipita in cortile lanciandolo lontano”. Nel giro di pochi minuti due ambulanze arrivano sul posto allertate dall’istituto. “Poco dopo interviene anche una volante della polizia insieme al personale di Ats per effettuare gli accertamenti”. Lo studente aveva comprato la power bank due anni fa e non la stava utilizzando quando un cortocircuito – “questa l’ipotesi più accreditata” – ha generato l’autocombustione. Questo perché si tratta di una batteria agli ioni di litio ricaricabile che deve essere usato in maniera corretta per ridurre al minimo i rischi, dato che funziona mediante un processo chimico che ruota attorno a due elementi: l’anodo e il catodo. Ma perché esplodono le power bank?

Spiegano gli esperti: “Quando la batteria si carica, gli ioni passano dal catodo all’anodo. Quando invece si scarica, compiono il processo inverso. In entrambi i casi vengono dissolti in una sostanza chiamata elettrolita, composto organico e infiammabile“. In tutto questo, un fattore fondamentale è la temperatura: “L’ossido di cobalto di cui è composto il catodo può avere difetti di durata, riducendo la sua autonomia nel tempo, e un punto di temperatura media di 150 gradi, che se superata produce surriscaldamento e porta alla combustione o all’esplosione. C’è infine comunque sempre la possibilità di un difetto di fabbricazione o che il cavetto di alimentazione fosse danneggiato, oppure vicino a un telefono usato da poco e quindi surriscaldato”.