La cronaca della scomparsa di Gino Panaiia, il giovane di 25 anni scomparso la notte di Halloween, continua a lasciare domande irrisolte. Il suo corpo è stato recuperato dalle acque del Naviglio Pavese, dopo giorni di intense ricerche. Sul caso indagano i carabinieri e un primo esame del medico legale non ha rilevato lesioni evidenti, ma resta ancora da chiarire cosa sia effettivamente accaduto al ragazzo quella notte.
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Gino Panaiia era uscito la sera del 31 ottobre per festeggiare Halloween insieme alla fidanzata e ad alcuni amici, trascorrendo la serata in un locale di Zibido San Giacomo. Aveva bevuto e c’era stata una discussione con la ragazza, il cui motivo non è ancora chiaro. Nonostante qualcuno si fosse offerto di riaccompagnarlo a casa, Gino decise di mettersi in sella al suo scooter e partire. Alla prima rotonda, però, perse il controllo del veicolo, cadde, ma riuscì a rimettersi in piedi e a ripartire. Scelse quindi di imboccare una strada secondaria poco illuminata, nei pressi di Cascina Casiglio.
L’ultima chiamata e la scomparsa
Intorno all’una e mezza di notte, Gino rispose alla chiamata della fidanzata, riferendole che si stava dirigendo verso Vigevano. Poco meno di un’ora dopo, alle 2:22, il suo cellulare smise di trasmettere, segnando l’inizio della sua sparizione. Da quel momento, le ricerche si fecero frenetiche, con parenti e amici in apprensione, finché, alcuni giorni dopo, il suo corpo fu ritrovato nel Naviglio, tra Casarile e Rognano, su segnalazione di un passante.
Il mistero del borsone e il legame con la faida del 2013
Le tracce di Gino si erano perse proprio vicino a Cascina Casiglio, dove i carabinieri hanno ritrovato un borsone con 22 chili di eroina marchiato Louis Vuitton. Al momento non ci sono conferme di un legame tra quella droga e la morte di Gino, ma un elemento inquietante emerge dal passato familiare del ragazzo: è nipote di Igino Panaiia, coinvolto in una faida con la famiglia Magrini nel 2013, in cui erano avvenuti rapimenti e violenze. Le forze dell’ordine ora esaminano questo passato come possibile pista, qualora emergessero nuove prove dalla autopsia.
Uno degli aspetti più strani del caso riguarda gli oggetti personali di Gino, trovati sparsi lungo il tragitto che porta alla cascina: lo scooter danneggiato ai margini di un campo, una scarpa e il giubbotto abbandonati lungo la strada. Il casco era stato ritrovato a venti metri dallo scooter, mentre il cellulare è ancora disperso. Solo l’autopsia potrà rispondere alle numerose domande ancora aperte. Il medico legale dovrà stabilire da quanto tempo il corpo si trovava in acqua tramite l’analisi delle diatomee, alghe che si sviluppano in base alla permanenza in acqua dei cadaveri. Inoltre, rimane da chiarire la causa della morte: è avvenuta prima o dopo la caduta in acqua? Si è trattato di un malore, di un tragico incidente, o ci sono indizi di affogamento?