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La figlia di Gisèle Pelicot: “Sospetto di essere stata drogata anch’io”

Pubblicato: 11/11/2024 19:23

Ad Avignone, continua l’atroce processo che coinvolge Gisèle Pelicot, costretta a confrontarsi con i suoi stupratori: uomini invitati nella sua casa proprio dal marito, Dominique Pelicot. Ma in questo dramma c’è un’altra vittima: Caroline Darian, figlia quarantacinquenne dei coniugi Pelicot, che si è convinta di aver subito abusi anche lei.

La scoperta dell’orrore

Gli investigatori hanno rinvenuto un immenso archivio fotografico e video nel computer di Dominique Pelicot, che conta oltre 20mila documenti. Tra questi, emergono immagini della figlia Caroline, addormentata in un letto. Al primo interrogatorio Caroline, sconvolta, aveva detto alla polizia: «Non posso essere io». La realtà delle violenze organizzate a casa Pelicot, nella tranquilla cittadina di Mazan, nel sud della Francia, ha così iniziato a palesarsi nella sua brutalità. Da allora, Caroline ha scelto di raccontare la sua storia in un libro dal titolo significativo: “Et j’ai cessé de t’appeler papa” (E ho smesso di chiamarti padre).

Caroline è convinta di aver subito lo stesso destino della madre: addormentata con potenti sonniferi e poi abusata dal padre. Un file sul computer di Pelicot intitolato “Intorno a mia figlia, nuda” ha accresciuto ulteriormente i suoi sospetti, anche se Dominique Pelicot nega fermamente: “Non ho mai toccato, drogato né scattato foto di mia figlia. Mia figlia per me è come i miei nipoti, sono dei gioielli, non si toccano”. Ma in aula Caroline ha ribattuto: «Menti, come hai fatto in tutti questi anni», accompagnando la madre nel lungo percorso giudiziario che si protrarrà fino al 20 dicembre.

La battaglia per la verità

Caroline, afflitta dal peso di queste accuse, ha deciso di prendere una pausa per riposare. Tuttavia, ha trovato la forza per agire fondando l’associazione “M’endors pas: stop à la soumission chimique” (Non addormentarmi, stop alla sottomissione chimica). Grazie alla notorietà generata dal processo, madre e figlia mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica, e in particolare le donne, sui rischi legati all’uso di sostanze chimiche per compiere abusi. «Quello che mi è successo, può succedere a tante altre», avverte Caroline.

Tra gli obiettivi principali di Caroline c’è l’avvio di una missione parlamentare che esplori il fenomeno e porti all’attenzione le pratiche di sottomissione chimica. La donna auspica di mobilitare esperti e allertare i medici, affinché possano adottare protocolli più rigidi. Spesso, infatti, gli ospedali non effettuano i prelievi necessari in casi sospetti, e molte vittime non sanno che i tempi per rilevare tracce di sottomissione chimica sono limitati, prima che queste scompaiano nel sangue. L’intero processo Pelicot, con il suo carico di orrore e violenza, si è trasformato in un’occasione per portare alla luce un fenomeno che può riguardare chiunque. La speranza è che, grazie alla testimonianza di Caroline e Gisèle, si possa prevenire e combattere questo tipo di abuso silenzioso e devastante.

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