
Cosa mangiamo davvero quando mangiamo pesce? Che sia comprato al supermercato (fresco o in scatola) o al ristorante la domanda è legittima, soprattutto alla luce del documentario di due fratelli italiani, Andrea e Marco Spinelli, dal titolo “Shark Preyed“. Il lavoro racconta infatti il grande business che si nasconde dietro il mercato della carne di squalo, sollevando il rischio di estinzione delle specie che, oltretutto, non sono considerate commestibili. E allora perché si pesca e si vende così tanto squalo? I dati parlano chiaro: ogni anno vengono uccisi circa 100 milioni di squali: Spagna e Italia sono i due maggiori importatori di carne di squalo in Europa. Come racconta Rossella Ardizzone de Il Fatto Alimentare, il commercio legale vede l’Italia tra il 2009 e il 2021 come il terzo più grande importatore mondiale e il primo in Europa (circa 98mila tonnellate), con importazioni significative dalla Spagna pari a 53mila tonnellate. Per farci che? La domanda sorge spontanea e la risposta inquieta.
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Secondo il Food Balance Sheet della FAO, si consumano circa 0,2 kg di carne di squalo pro capite all’anno, quasi il 3% del totale dei prodotti ittici. Ma, come spiega ancora Ardizzone, mangiare carne di squalo comporta il rischio di ingerire quantità elevate di metalli pesanti (mercurio, piombo e nichel), inquinanti organici persistenti (POP) e microplastiche. Uno dei più grandi problemi riguarda la verdesca, spesso venduta come pesce spada. Questo alimento è fortemente contaminato e nelle sue carni si rilevano di frequente livelli di mercurio e di composti organici alogenati al di sopra di quelli consentiti dall’Unione Europea. Il Fatto Alimentare ha chiesto a Valentina Tepedino, medica veterinaria, referente SIMeVeP per il settore ittico e direttrice del periodico Eurofishmarket, cosa bisogna sapere quando si compra pesce di grossa taglia e quali sono le scritte che devono esserci sulle etichette. Come si distingue la verdesca (Xiphias gladius) dal pesce spada (Prionace glauca)? “I due prodotti sono molto differenti per aspetto e gusto. Il pesce spada ha uno scheletro osseo, mentre quello della verdesca è cartilagineo e anche l’aspetto delle carni si presenta molto differente. Consiglio di non acquistare su banchi che non riportano in etichetta tutte le informazioni obbligatorie“.
Le famiglie e le specie di squaliformi sono diverse così come i nomi scientifici, quali sono le denominazioni più comuni che possiamo trovare nel mercato italiano? “Tra le più frequenti sul nostro mercato ci sono sicuramente il palombo, il mako, lo spinarolo e varie specie di razze”. Commentano gli autori del documentario: “Una parola che non troverete mai scritta su una confezione o un’etichetta al supermercato è proprio la parola SQUALO. Ancora oggi tantissime specie di squali in pericolo o a rischio estinzione continuano ad essere pescate”. La cosa fondamentale, quindi, è leggere bene le etichette, e se si compra il fresco chiedere e pretendere dal venditore di conoscere la reale provenienze e dicitura del pesce che stiamo acquistando. E al ristorante? Come fa il consumatore a sapere se il trancio di pesce spada non sia in realtà squalo? Praticamente è impossibile e ci si deve fidare del ristoratore e della catena di controlli.