Continua a far discutere il caso della morte di Arcangelo Correra, il 18enne deceduto in un drammatico episodio che, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, sarebbe stato il tragico epilogo di un gioco pericoloso tra amici. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto la custodia cautelare in carcere per Renato Caiafa, il 19enne coinvolto nella vicenda, accusato di porto, detenzione e ricettazione di un’arma clandestina e indagato per omicidio.
Il racconto degli eventi secondo le indagini
Secondo quanto riportato nell’ordinanza, la scena drammatica avrebbe visto Correra sfidare Caiafa a sparargli, esponendosi intenzionalmente e mostrandogli il petto. Alcuni testimoni avrebbero raccontato che, appena Caiafa ha premuto il grilletto, il gruppo è rimasto sconvolto, urlando: “Cosa hai fatto?”. Caiafa ha dichiarato di essersi reso conto solo in quel momento che l’arma, una calibro 9×21 con matricola cancellata e serbatoio maggiorato, fosse reale e potenzialmente letale.
Amici coinvolti e dichiarazioni contestate
Il gip ha evidenziato una possibile complicità da parte degli amici presenti, sostenendo che il gruppo fosse consapevole del pericolo del “gioco” che stava avvenendo. Dalle testimonianze raccolte emerge infatti che molti dei presenti, interrogati dopo i fatti, avevano inizialmente negato di aver visto l’arma, una versione che il giudice considera “falsa” in base agli elementi raccolti. Inoltre, per il giudice, l’arma non sarebbe stata trovata casualmente, come affermato da Caiafa, ma era nella disponibilità del gruppo.
I dettagli sulla custodia dell’arma e i sospetti del gip
Per il gip, l’arma, con un valore sul mercato clandestino molto alto, era certamente conosciuta dai giovani e difficilmente avrebbe potuto essere lasciata incustodita da qualcuno. Secondo l’ordinanza, Caiafa, dopo il tragico episodio, avrebbe chiesto allo zio di recuperare l’arma e lo scooter, nel tentativo di occultare le prove e di nascondere eventuali tracce che lo avrebbero ricollegato al delitto.
Rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove
Il giudice ha deciso di non convalidare il fermo di Caiafa ma ha comunque applicato la misura del carcere per il rischio che l’indagato possa reiterare il reato o inquinare le prove, qualora rimanesse in contatto con i suoi amici. Questo sospetto è stato rafforzato dal tentativo di Caiafa di spostare l’arma e rimuovere le impronte subito dopo il fatto, oltre che dall’occultamento degli abiti utilizzati quella sera.
Lo scooter e i collegamenti con la criminalità locale
Un ulteriore dettaglio emerso dalle indagini riguarda lo scooter utilizzato per trasportare Correra ferito in ospedale: non apparterrebbe a Correra, come affermato inizialmente da Caiafa, ma sembrerebbe essere stato utilizzato da persone legate alla criminalità organizzata. Questo particolare ha contribuito ad ampliare il quadro delle indagini, suggerendo possibili collegamenti tra i giovani coinvolti e ambienti criminali della zona.
La vicenda si è dunque complicata e, mentre si attende di fare luce su tutta la dinamica dei fatti, il giudice ha stabilito la detenzione in carcere per Caiafa, considerando che la gravità dei fatti e il pericolo di interferenze con le indagini siano tali da non consentire misure meno severe.