Audi ha deciso di chiudere definitivamente il suo stabilimento di Bruxelles, dove dal 2018 veniva prodotto il SUV elettrico Q8 e-tron. La fabbrica, che dava lavoro a circa tremila persone, verrà chiusa entro la fine di febbraio 2025, dopo che non è stato trovato alcun acquirente disposto a rilevare l’impianto. La decisione ha scatenato un’ondata di proteste tra i lavoratori, culminata in un’irruzione nella sala riunioni da parte dei dipendenti, che hanno espresso la loro rabbia nei confronti della dirigenza.
La serrata e la tensione sul posto di lavoro
Mercoledì scorso, l’atmosfera nello stabilimento è diventata tesa. Dopo l’annuncio che non c’erano investitori pronti a subentrare, circa tremila lavoratori hanno preso d’assalto la sala dove i dirigenti erano riuniti per discutere del futuro dello stabilimento. La polizia è intervenuta e ha scortato fuori i vertici dell’azienda, mentre i sindacati hanno definito l’irruzione “pacifica” e smentendo che ci fosse stato un sequestro dei dirigenti, come riportato da alcuni media.
Maurizio Sabatino, uno dei principali delegati sindacali, ha definito lo scenario come “scandaloso“, aggiungendo che la polizia era presente e ha atteso un segnale per intervenire, mentre i lavoratori, che avevano il diritto di manifestare, sono stati trattati in modo inaccettabile. Un sindacalista sarebbe stato anche colpito con un manganello, un gesto che ha suscitato indignazione.
Il contesto della chiusura
La decisione di Audi non è arrivata come un fulmine a ciel sereno. La fabbrica di Bruxelles aveva recentemente goduto di ingenti investimenti per aggiornamenti tecnologici, ma l’azienda ha spiegato che l’impianto aveva costi logistici troppo elevati a causa della sua posizione vicina al centro città. Inoltre, la produzione del SUV elettrico Q8 e-tron, il primo modello a batteria della casa tedesca, sarebbe dovuta continuare fino al 2026, ma è stato deciso di spostarla in Messico e Cina.
Nonostante il sostegno pubblico ricevuto dal governo belga, che ha contribuito con 157,7 milioni di euro in aiuti, Audi ha rivelato che la ricerca di un acquirente per il sito è terminata con un nulla di fatto. Il primo ministro belga, Alexander De Croo, ha promesso di attivare una task force per cercare di garantire un futuro industriale per la fabbrica, ma l’assenza di Audi dalle trattative ha alimentato la frustrazione dei lavoratori.
Le dichiarazioni dei sindacati
Gregory Dascotte, segretario della Fédération des Métallurgistes du Brabant Métallos, ha parlato di una reazione giustificata da parte dei lavoratori, che avevano cercato di sensibilizzare la direzione sulle drammatiche conseguenze sociali della chiusura dello stabilimento. “La direzione ha respinto con forza la proposta sindacale per un piano sociale e ha fatto intervenire la polizia in modo sproporzionato”, ha dichiarato Dascotte, accusando l’azienda di non aver compreso appieno l’impatto della chiusura.
Un futuro incerto
La chiusura di questo stabilimento non è solo una sconfitta per i lavoratori, ma anche un duro colpo per la città di Bruxelles, che ora vede uno dei suoi principali siti produttivi scomparire. L’assenza di un piano di salvataggio e la scelta di spostare la produzione in altre nazioni sollevano interrogativi sul futuro del settore automobilistico europeo, alle prese con una profonda crisi legata alla transizione verso l’elettrico e alla globalizzazione della produzione.
I lavoratori, che ora si trovano davanti a un futuro incerto, continueranno a lottare per difendere i propri posti di lavoro, con la speranza che le istituzioni e l’azienda stessa possano trovare una soluzione prima della chiusura definitiva della fabbrica.