Nella notte, la prima ondata di missili a lungo raggio Atacms, forniti dagli Stati Uniti all’Ucraina, ha colpito un grande deposito di munizioni nella regione russa di Bryansk. L’attacco, caratterizzato da esplosioni devastanti, segna un passo critico nel conflitto, cancellando di fatto un altro confine della guerra. Le conseguenze non si sono fatte attendere: mentre l’Europa registra un aumento della tensione, le Borse europee crollano, segnale di una crescente paura di un allargamento del conflitto.
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Il bersaglio e l’obiettivo
Le aspettative erano che gli ucraini avrebbero colpito nella regione di Kursk, ma Bryansk, situata più a nord e vicina a Mosca, è stata scelta come obiettivo. Secondo fonti russe, cinque missili sarebbero stati abbattuti dalla contraerea, e il sesto avrebbe causato solo un incendio di lieve entità. Tuttavia, i filmati diffusi dai residenti raccontano una realtà diversa, mostrando detonazioni spettacolari e scoppi secondari proseguiti per ore.
Fonti del Pentagono confermano che otto missili sono stati lanciati: due sarebbero stati neutralizzati in volo, mentre gli altri hanno raggiunto il loro obiettivo. Gli Atacms utilizzati in questa operazione, dotati di ogive perforanti o di bombe a grappolo, hanno avuto un impatto devastante, distruggendo centinaia di tonnellate di munizioni russe.
Implicazioni strategiche
L’attacco rappresenta un duro colpo per la logistica militare russa. Ora il Cremlino deve affrontare il rischio che tutte le sue retrovie entro un raggio di 250-300 chilometri dal confine ucraino siano vulnerabili. Per i russi, questo implica la necessità di spostare scorte e truppe in aree più sicure, con possibili rallentamenti delle operazioni militari.
Gli analisti ritengono probabile che gli ucraini ripetano questi attacchi, fondamentali per dare respiro ai loro reparti sul campo. Zelensky punta ora a ottenere dagli alleati europei missili come gli Storm Shadow-Scalp, in grado di raggiungere obiettivi ancora più lontani, aggirando i sistemi di difesa russi.
La risposta di Mosca e l’escalation sul campo
La reazione russa non si è fatta attendere. Dopo l’attacco, intensificati i bombardamenti sulle città ucraine. A Glukhov, nel distretto di Sumy, un raid ha colpito un dormitorio, uccidendo 12 civili, tra cui un bambino. A Odessa, un missile si è abbattuto su un quartiere residenziale, provocando 10 morti e 55 feriti. La spirale di violenza continua, con armi sempre più letali.
L’elezione di Donald Trump ha contribuito a un cambio di strategia di Mosca, che sembra voler approfittare delle incertezze internazionali per intensificare l’offensiva. Allo stesso tempo, l’Ucraina sta aumentando le proprie capacità offensive, con armi sviluppate internamente come i Long Neptunes, droni e missili a lungo raggio.
Reazioni politiche e timori europei
L’attacco ha avuto ripercussioni anche sul piano politico. La premier italiana Giorgia Meloni ha dichiarato che “dialogare con Putin è ormai inutile”, ribadendo il sostegno all’invio di armi all’Ucraina anche nel 2025, sfidando apertamente le perplessità interne alla coalizione di governo.
L’Europa guarda con preoccupazione all’escalation in corso, temendo che il conflitto possa oltrepassare i confini ucraini. Con l’aumento delle capacità militari ucraine e la risposta russa sempre più feroce, il rischio di un allargamento della guerra appare ormai concreto. I prossimi mesi si preannunciano cruciali, con un conflitto che sembra destinato a raggiungere nuove, drammatiche dimensioni.