A Trapani emergono dettagli scioccanti dal carcere Pietro Cerulli. Un’inchiesta avviata nel 2021 ha portato all’arresto di undici agenti penitenziari accusati di torture, abusi d’autorità e falsi ideologici. Altri quattordici sono stati sospesi dal servizio.
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Il quadro delle accuse
L’indagine ha rivelato un clima di violenze sistematiche contro i detenuti. Le denunce presentate negli ultimi anni hanno fatto luce su episodi gravi avvenuti in zone del carcere prive di telecamere. “Maltrattamenti, umiliazioni e aggressioni fisiche si ripetevano continuamente”, dicono le fonti investigative.
Gli investigatori hanno acquisito immagini e foto che documentano quanto accaduto. Le telecamere installate durante le indagini hanno registrato scene che mostrano agenti infliggere percosse e vessazioni.
L’ordinanza del Gip di Trapani, emessa su richiesta della Procura, ha portato agli arresti domiciliari per undici agenti e alla sospensione per quattordici colleghi. Complessivamente, l’inchiesta coinvolge 46 indagati. Le perquisizioni, condotte dalla polizia penitenziaria di Palermo, hanno fornito ulteriori elementi utili alle indagini.
Le testimonianze
Alcuni detenuti hanno descritto il carcere come una “casa degli orrori”. Raccontano di essere stati picchiati e sottoposti a trattamenti disumani. Molti episodi sarebbero avvenuti in spazi appositamente scelti per sfuggire al controllo delle telecamere di sorveglianza ufficiali.
La Procura prosegue gli accertamenti per chiarire l’ampiezza del sistema di abusi. Le accuse raccolte evidenziano una pratica diffusa e non episodi isolati. Gli inquirenti puntano a stabilire eventuali responsabilità anche a livelli gerarchici superiori. La vicenda scuote l’intera comunità e riporta l’attenzione sulla gestione dei diritti umani all’interno delle carceri italiane.